Rapina al gioielliere, preso anche il terzo uomo

27 luglio 2016 | 11:09
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Rapina al gioielliere, preso anche il terzo uomo
Rapina al gioielliere, preso anche il terzo uomo
Rapina al gioielliere, preso anche il terzo uomo

E’ finito in manette anche l’ultimo componente della banda di rapinatori violenti che la sera del 12 gennaio scorso picchiarono e derubarono Aldebrando Del Pecchia, il titolare della Aldo Gioielli di Nave, legato in laboratorio e colpito alla testa con il calcio di una pistola. Dopo il blitz nei campi rom della scorsa settimana, i carabinieri hanno arrestato ieri sera il terzo uomo che ancora mancava all’appello. Si tratta di Alessandro Bini, 32 anni, già noto alle forze dell’ordine (nella foto sotto). Era stato raggiunto da un’ordinanza di custodia cautelare che nei giorni scorsi erano state eseguite nei confronti dei presunti complici: Domenico Tarantino, Clei Satori e il fratello Cesare e Daniel Di Leo, loro nipote.

Salgono così a 11 le misure restrittive applicate, di cui 9 arresti e 2 misure dell’obbligo di presentazione alla pg, nell’ambito dell’operazione Non stop dei carabinieri del nucleo investigativo e del Nucleo operativo e radiomobile, coordinati dal sostituto procuratore della Repubblica di Lucca Aldo Ingangi, mentre sono state complessivamente indagate 19 persone con l’accusa di associazione a delinquere finalizzata alla commissione di reati contro il patrimonio, furto, rapina, ricettazione.
La banda, secondo l’accusa, aveva il suo centro di gravità nell’Oltreserchio, e in particolare nella zona di Maggiano e del campo rom. I militari, tuttavia, hanno svolto perquisizioni anche fuori provincia: al campo rom di Grosseto e a quello di Montignoso, in una abitazione a Massa e a Sarzana, oltre che nella casa della donna di Montecatini che avrebbe piazzato l’oro rubato dalla banda.
In tutto i militari contestano alla gang alcune decine di furti, la maggior parte dei quali messi a segno a Lucca e nella Piana. Ma secondo gli investigatori, la banda è artefice anche di almeno tre assalti ai bancomat, dal novembre all’aprile scorso: sono loro, secondo l’accusa, i malviventi che hanno sradicato il forziere della Poste di Quiesa e poi hanno colpito con le stesse modalità anche ai bancomat delle Poste e del Monte dei Paschi di Siena di Monsagrati. Ma la complessa indagine coordinata dalla procura della Repubblica di Lucca ha permesso anche di inchiodare alcuni componenti della banda a furti messi a segno sia sulle auto che nelle abitazioni.
L’escalation è cominciata proprio così nell’autunno scorso. La banda ha iniziato prima a colpire nelle auto delle mamme che portavano i bambini a scuole, soprattutto nella zona di Capannori. Approfittando della loro distrazione e delle borse lasciate incustodite sui sedili, i ladri entravano in azione veloci come cavallette rubando soldi e carte di credito, che in qualche caso venivano subito utilizzate. Dopo un colpo uno di questi bancomat era stato utilizzato al Mercatone Uno di Sant’Anna, dove la commessa si era accorta di qualcosa di strano, segnalandolo ai carabinieri e permettendo così di collegare la banda anche a questo genere di furti. Poi i malviventi erano passati ai furti di carroattrezzi che poi venivano utilizzati per gli assalti ai bancomat delle banche. Non sazi avevano iniziato a visitare abitazioni e ditte, fino alla rapina. Clamorosi furono i furti in una autocarrozzeria in via del Brennero e in una azienda di Marlia, da dove la banda portò via la Dacia Sandero utilizzata poi per colpire altri obiettivi e soprattutto la Aldo Gioielli, con il trucco del lampeggiante. Un particolare che aveva fornito agli inquirenti la pista giusta: la gang dei falsi poliziotti. Alcuni testimoni subito dopo la rapina a Nave aveva notato quell’auto con quel lampeggiante che era apparso molto strano. Seguendo questi indizi i carabinieri erano risaliti a tre partecipanti alla rapina violenta che vennero infatti arrestati a qualche ora dal colpo.