
Si è avvalso della facoltà di non rispondere davanti al gip Giuseppe Pezzuti il 46enne operaio di Segromigno Pasquale Russo, accusato di aver provocato la morte della coetanea Vania Vannucchi, l’operatrice sanitaria con cui aveva avuto una relazione che si era interrotta. Nessun elemento in più, nell’udienza di convalida, in cui Russo era assistito dagli avvocati Gianfelice Cesaretti e Paolo Mei, sulla ricostruzione del tragico evento del pomeriggio di martedì quando la donna, nel piazzale davanti ai magazzini dell’ex ospedale di Campo di Marte, è stata data alle fiamme dopo essere stata cosparsa di benzina, per poi morire all’alba della mattina dopo al Centro grandi ustionati dell’ospedale di Cisanello. Il giudice ha convalidato l’arresto dell’uomo e confermato la misura cautelare in carcere al San Giorgio.
L’uomo, anche davanti al giudice, però, avrebbe iniziato a rendersi conto dell’accaduto, dopo i primi giorni di confusione in cui non avrebbe fatto cenno alla circostanza della morte della donna. E ha pianto, forse prendendo coscienza pienamente per la prima volta di quello che aveva commesso e provocato.
Ma intanto gli elementi di prova nei confronti dell’uomo si fanno sempre più chiari e precisi. Le indagini, infatti, avrebbero fatto emergere un dato che potrebbe confortare l’ipotesi di premeditazione del gesto omicida. Russo, infatti, sarebbe stato ripreso dalle telecamere di un distributore della Q8 mentre riempiva una tanica di benzina prima dell’incontro che sarebbe poi stato fatale a Vania. Inoltre nelle vicinanze del luogo del delitto sarebbe stato rinvenuto anche un accendino, possibile innesco delle fiamme mortali.
La tesi difensiva, comunque, verterà con tutta probabilità sull’ipotesi di infermità mentale dell’uomo, in cura psichiatrica da più di un mese.
Intanto nel pomeriggio di oggi si è svolta l’autopsia sul corpo di Vania Vannucchi, affidata dal Gip al dottor Stefano Pierotti della Asl Toscana Nord Ovest (Leggi l’articolo). L’autopsia ha permesso al magistrato di concedere il nullaosta per la restituzione della sama alla famiglia e per l’organizzazione dei funerali che si terranno domani (6 agosto) nella chiesa di San Marco alle 15,30. Quasi contemporaneamente, sulle mura di Lucca, si terrà la marcia contro la violenza sulle donne organizzata spontaneamente con un tam tam su Facebook. Alle esequie non mancheranno, oltre ai familiari, rappresentanti istituzionali, una delegazione della Lucchese e tanta gente comune, che in questi giorni non ha mancato di far sentire la propria vicinanza alla famiglia con messaggi di cordoglio e condoglianze.
La vicenda dal punto di vista giudiziario comunque va delineandosi in modo sempre più chiaro agli occhi degli inquirenti e gli elementi di prova a carico di Russo stanno emergendo uno ad uno andando a comporre un puzzle che disegna lo scenario in cui è maturato il delitto. In questa logica mancano ancora alcune tessere, in particolare due: tutti gli elementi che dimostrino la premeditazione della volontà di uccidere e la condizione di salute mentale di Russo. Sulla prima la polizia, le cui indagini sono coordinate dal sostituto procuratore Piero Capizzoto, stanno lavorando nel tentativo ricostruire minuziosamente le ultime ore di vita del presunto omicida.
Sull’altro elemento invece stanno lavorando gli avvocati della difesa che punteranno a dimostrare l’incapacità di intendere e di volore di Russo: quanto meno al momento dei fatti e non si esclude che proprio per cristallizzare lo stato mentale del loro assistito gli avvocati chiedano prima una perizia psichiatrica e poi anche un incidente probatorio già durante le indagini, inviando direttamente la prova al fascicolo del giudice. Due elementi non indifferenti per le bilance della giustizia che per l’arrestato possono pesare in modo cospicuo in termini di una possibile condanna in sede di giudizio.
Di fatto, comunque, a tutt’oggi e per gli elementi emersi Russo rischia una condanna in primo grado che può oscillare dall’ergastolo a meno di 15 anni di carcere. Tutte ipotesi queste che, comunque, dovranno trovare riscontro in sede processuale e al termine della indagini sulla base di tutti gli elementi di prova raccolti.