Inchiesta pulper, arrivano altre conferme dalle analisi

24 novembre 2016 | 18:04
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Inchiesta pulper, arrivano altre conferme dalle analisi

Arrivano dalle analisi nuove conferme all’inchiesta sullo smaltimento illecito di rifiuti in Toscana che nel settembre scorso ha coinvolto anche due cartiere della Lucchesia. Dopo le “rivelazioni” sulle concentrazioni oltre i limiti di sostanze pericolose dai campioni prelevati da Arpat e forestale in alcuni depuratori della Lucchesia (Leggi), nell’ambito di una dei due filoni dell’indagine coordinata dal pm della Dda di Firenze, Giulio Monferini, e che ha coinvolto, in Lucchesia, la Lucart e l’Industria cartaria Pieretti, ora il nuovo capitolo relativo al pulper e ai fanghi industriali.

Fanghi che, per l’accusa, venivano riversati nei terreni agricoli della Toscana, attraverso società che le compravano dalle industrie: le analisi disposte dalla procura su questo materiale hanno riscontrato valori di idrocarburi pari a 1.500, trenta volte oltre il limite di tolleranza di 50 fissato dalla legge. È quanto emerge dalle analisi effettuate dai consulenti della procura di Firenze sui campioni dei rifiuti sequestrati nell’ambito dell’inchiesta.
Anche gli scarti industriali delle cartiere – detti pulper – sequestrati nell’ambito delle indagini, sarebbero risultati al di fuori dei limiti di legge in base agli accertamenti commissionati. Secondo quanto emerso, nei campioni è stata riscontrata una presenza troppo elevata di acqua perché potessero essere smaltiti nei termovalorizzatori, come invece accadeva per parte di essi in base alle indagini della guardia di finanza, e una quantità di idrocarburi oltre la soglia di legge, che li avrebbe resi, sempre per l’accusa, non adatti all’utilizzo, accertato nel corso delle indagini, come materiale di copertura nelle discariche.
Per quanto riguarda i fanghi inoltre, i campioni sono stati prelevati dai rifiuti in entrata, in stoccaggio e in uscita da un’azienda veneta specializzata nel trattamento dei rifiuti coinvolta nelle indagini. Nei fanghi è stata riscontrata anche la presenza, sebbene in quantità modiche, di sostanze tossiche come diossina e policrorobifenili.
Il nome delle due aziende lucchesi figura negli atti dell’inchiesta da cui erano scattate sei ordinanze di custodia cautelare ai domiciliari e altri 8 provvedimenti restrittivi solo perché, per gli inquirenti, un’impresa di Pescia finita nel mirino per gli smaltimenti illeciti avrebbe acquistato il pulper dalle due cartiere.
Le accuse, pesanti -, che vanno come ormai noto a vario titolo dal traffico illecito di rifiuti, truffa ai danni della Regione (per l’ecotassa non pagata) e falsità ideologica -, vengono invece mosse agli arrestati e all’impresa pesciatina che, acquistato il pulper, lo smaltiva senza ripulirlo: gli scarti venivano consegnanti ma da protocollo avrebbero dovuto essere depurati a carico dell’azienda prima dello smaltimento. Mentre invece, secondo la procura, venivano inceneriti senza essere privati degli agenti tossici e soprattutto con tassi di umidità superiori ai livelli previsti dalle procedure. Per questo poi le sostanze pericolose finivano libere nell’ambiente, dopo l’incenerimento nei termovalorizzatori o, peggio ancora, seppellite in terreni destinati alle coltivazioni di grano. E per almeno due anni, dal 2013 al 2014, come hanno finora ipotizzato gli inquirenti. Le manette erano scattate ai polsi di cinque imprenditori di società di smaltimento del pulper e di questi rifiuti speciali, tutti residenti in Lucchesia: ai domiciliari erano finiti Mariano e Martino Fornaciari, di 62 e 34 anni, entrambi di Porcari, e Felicino e Federico Del Carlo, 50 e 26 anni, il primo di Porcari, l’altro originario di Barga. Stessa misura era stata adottata per Alessandro Salutini, residente a Porcari ma originario di Pontedera, di 53 anni, e per un altro imprenditore della provincia di Padova, Gianni Pagnin, di 65.