Un mercato parallelo e sommerso, che riusciva ad alimentare un giro milionario, mettendo in piedi una vastissima catena di montaggio dalla materia prima al prodotto finito, spesso realizzato in modo tanto perfetto da essere quasi confuso con l’originale. Ma negli opifici clandestini, dove oltre alla manodopera al nero sono stati trovati perfino minorenni, si producevano quantità industriali di griffe false, con il marchio delle più note case di moda italiane e non. Su tutto spiccano i numeri dell’operazione Luxury Bags 2 eseguita dalla guardia di finanza di Viareggio, coordinata dal comando provinciale e dal sostituto procuratore Enrico Corucci: 18 persone iscritte nel registro degli indagati, di cui diversi residenti in provincia di Lucca e in Toscana (tre sono senegalesi), e 250mila prodotti e accessori sequestrati, insieme a 300 punzoni utilizzati dalla gang del falso per riprodurre i marchi di Chanel, Hermes, Louis Vuitton, Givenchy.
Sotto sequestro anche 5.300 cliché stampe, 400 fustelle per la riproduzione di borse, una Mercedes e otto macchinari impiegati per la produzione per un valore complessivo di svariati milioni di euro.
L’inchiesta della procura di Lucca, stavolta, è andata alla ricerca della filiera del falso, individuando due opifici fantasma e magazzini per lo stoccaggio che si trovavano soprattutto in Campania: da qui la merce poi arrivava in Versilia, finendo sulle spiagge grazie ad una rete di venditori abusivi. Ed è proprio da qui che sono partiti, andando a ritroso, gli investigatori delle fiamme gialle di Viareggio che già in estate avevano sequestrato 120mila prodotti contraffatti, nella prima fase delle indagini. A Viareggio era stata fermata una donna che aveva appena acquistato una borsa contraffatta da un venditore che, fuggito, venne rintracciato nella sua abitazione a Marina di Massa, dove i finanzieri scoprirono un vero e proprio stoccaggio di merce contraffatto. Un quantitativo considerevole di prodotti che da subito fece pensare ad un mercato clandestino del falso che utilizzava, come braccio operativo, i venditori senegalesi.
“Con questa operazione – ha voluto sottolineare il procuratore capo di Lucca, Pietro Suchan – si è voluta ricostruire la filiera, perché non ci si può fermare al semplice venditore di strada. Ci siamo concentrati sui luoghi di produzione e stoccaggio di questa merce e di questo mercato che, oltre ai danni economici e fiscali, crea anche un vulnus al made in Italy”.
E, in effetti, la merce sequestrata nelle sette perquisizioni domiciliari e nelle sedi di tre società e due opifici clandestini, legati ai nomi degli indagati, tra la Toscana, la Lombardia e la Campania avrebbe potuto valere da solo non meno di due milioni e mezzo di euro.
Dopo la denuncia di 7 persone nella prima tranche delle indagini, nelle ultime ore i finanzieri hanno effettuato perquisizioni nelle province di Firenze, Pistoia, Napoli, Mantova e Varese: il blitz è scattato nelle abitazioni di sette indagati ma anche nelle società operanti nel settore della pelletteria che per l’accusa facevano parte della rete. Dalla produzione in ditte fantasma, allo stoccaggio in capannoni anonimi: da qui poi la merce partiva con destinazione Toscana e, vendita al dettaglio, la Versilia. Le indagini tuttavia non sono concluse e probabilmente saranno destinate ad allargarsi.
Soddisfazione per il risultato conseguito è stata espressa dalla deputata Pd Susanna Cenni: “Ancora una volta – ha detto – vorrei rivolgere il mio plauso al lavoro delle forze dell’ordine che sono riuscite a intervenire con tempestività rompendo un asse della contraffazione che legava la Toscana, la Lombardia e la Campania. La lotta alla criminalità che opera sul fronte della commercializzazione di marchi falsi deve andare avanti con la massima determinazione”.
“Possiamo vincere la battaglia della lotta alla contraffazione – afferma Cenni – solo attraverso una forte sinergia tra imprenditori, consumatori, istituzioni e forze dell’ordine. Questo è lo spirito di fondo anche della proposta di legge che abbiamo depositato nei mesi scorsi e che punta a dare un riferimento normativo a questo impegno. Poi c’è la quotidianità e il lavoro di controllo del territorio che, talvolta, porta a operazioni come quella di oggi, coordinata dalla Procura della Repubblica di Lucca. Il successo dell’operazione della Guardia di Finanza ci rassicura, ancora una volta, sulla capacità di chi deve vigilare su questi traffici che tanti danni provocano alla nostra economia. Oltre alla repressione, poi, c’è un impegno culturale che dobbiamo portare avanti per la valorizzazione del made in Italy, la tutela dei consumatori, e la promozione di un sistema di libera e trasparente concorrenza”.
Rob. Sal.