Erano in tanto dalla Lucchesia ieri sera (3 giugno) che, senza essere riusciti a trovare un biglietto per Cardiff e per la finale di Champions League, o semplicemente non avendone le possibilità, avevano optato per una soluzione sulla carta più tranquilla. Il maxischermo in piazza San Carlo a Torino, in mezzo a un tripudio di bandiere e vessilli rossoneri, per sentire comunque l’aria da stadio. Ma si è sfiorata la tragedia. Con oltre 1500 feriti, alcuni gravissimi, per la ressa che si è verificata verso la fine della partita per un incontrollato movimento della folla spaventato da un petardo o da qualche altra situazione, che ha provocato un fuggi-fuggi generale con gente travolta, schiacciata, calpestata dalla furia che solo le grandi masse riescono a generare.
E fra i lucchesi presenti si contano anche dei feriti, per fortuna lievi. Una ragazza, che era lì con una sua amica e in compagnia di un ragazzo non della provincia di Lucca, racconta di aver vissuto attimi di inferno: “All’improvviso – racconta – siamo state travolte dalla folla. Io mi sono ritrovata con diverse persone addosso. Una sensazione terribile, durata 30-40 secondi. Pensavamo fosse successo qualcosa di terribile visto che si sono verificate due o tre ondate della folla: prima siamo stati travolti da un lato, poi dall’altro e poi da un altro ancora tanto che sono rimasta divisa dalla mia amica e l’ho rivista solo dopo, quando ho rivisto il cielo e qualcuno mi ha tolto le persone da dosso e aiutato a rialzarmi. Sono riuscita a ritrovare per puro caso le persone con cui ero e siamo corsi all’albergo, anche se feriti. Solo oggi siamo andati al pronto soccorso: ho una distorsione alla caviglia e altre contusioni. Siamo sotto choc per quello che è successo. Probabilmente è stato un falso allarme attentato, ma abbiamo vissuto come se lo fosse veramente anche perché c’era un rumore assordante sia per la partita sia per la piazza strapiena e poi passava gente con i carrelli che vendeva bottiglie di birra e c’erano anche tante persone ubriache fin dal pomeriggio. Non so cosa ha fatto partire la psicosi, se un fumogeno, un petardo, il rumore del vetro, ma c’era una confusione terribile”.
C’era anche il consigliere comunale di Viareggio di Forza Italia, Rodolfo Salemi, ieri sera a Torino tra i tifosi che stavano guardando sul maxischermo la finale di Champions League tra la Juventus e il Real Madrid. Anche lui se l’è cavata con una ferita al ginocchio e un’ematoma al torace, che non ricorda come si è provocato. E su Facebook ha raccontato quanto accaduto: “Per la prima volta nella mia vita ho avuto paura – scrive Salemi -Stavo andando via a testa bassa, deluso dal terzo gol subito e con la voglia di tornare verso l”hotel e, forse solo questo, mi ha salvato dal farmi male. Ero in cima al gruppo quando all’improvviso abbiamo sentito un boato e il pavimento tremare, era il rumore di centomila persone che stavano correndo a tutta velocità verso di noi. Un”immagine impressionante. Il pensiero in un istante ti va a Nizza, Parigi, Berlino ed inizi a correre anche tu, più forte che puoi. Fortunatamente né io, né i miei amici ci siamo fatti male, ma non è stato così per tutti. Quando ci siamo fermati abbiamo visto bambini a terra, persone ferite, sangue sulle maglie di uomini che piangevano, borse e scarpe abbandonate, ambulanze ovunque. Il calcio è passato in secondo piano”.
Sulla strage sfiorata anche il racconto di Simone Coduti (il primo a destra in foto proprio in piazza San Carlo), studente pisano impegnato in politica, nato e cresciuto ad Altopascio e impiegato in una cartiera di Porcari: “Ho sentito un botto fortissimo e poi una serie di altri botti che potevano essere anche spari per il tipo di rumore, ovviamente non posso essere sicuro che fossero spari, petardi o comunque esplosioni. Il tempo di girare la testa verso quei suoni e ho visto la folla che mi veniva contro: io, la mia ragazza e i miei amici abbiamo cominciato a correre verso i loggiati piazza San Carlo spaventati da quella massa di persone che ci stava per travolgere, ma sono caduto e alcune persone mi sono salite addosso. Poi sono riuscito a rialzarmi e raggiungere un bar dove ho cominciato a bussare perché mi aprissero, a quel punto avevo perso le persone che erano con me, ma ero in salvo”. Appassionato di calcio e della Juventus che ieri sera era a Torino in piazza San Carlo. Simone aveva colto l’occasione della finale per spostarsi a Torino e incontrare degli amici del capoluogo piemontese e guardare insieme la partita poi si è trovato nell’inferno di piazza San Carlo.
“Noi ci trovavamo proprio nella zona da dove è cominciato tutto – dice – Ho anche visto prima dei fatti delle persone sedute sulla balaustra che poi ha ceduto. In piazza ci saranno state circa 25 o 30mila tifosi e a circa 20 minuti dalla fine del secondo tempo si è scatenato il panico dopo questi boati, che non so se erano esplosioni o la balaustra che cedeva. Moltissime persone si sono ferite con i vetri, ho visto giovani e meno giovani con cocci di vetro conficcati nelle braccia, nei piedi – in molti per scappare hanno perso le scarpe – nelle gambe, alcuni feriti anche alla testa. Anche la mia ragazza si è ferita a un piede e all’ospedale le hanno detto che aveva bisogno di alcuni punti, ma di tornare nella giornata di domenica perché il pronto soccorso era sotto pressione con situazioni ben più gravi”.
“Sono stati momenti di panico collettivo – prosegue – e non sono durati poco. Infatti una volta che mi sono rialzato dopo la caduta e ho raggiunto il bar ho potuto chiaramente vedere che nella piazza dopo il primo esodo in cui tutti si sono diretti verso i portici e le vie di uscita, c’è stato un controesodo e le persone all’improvviso hanno cominciato ad affluire verso il centro della piazza di corsa: evidentemente è intervenuto un altro fattore che ha invertito la rotta della massa. Poi la piazza, dopo circa cinque minuti, si è cominciata a calmare. Dopo quindici minuti sono uscito dal bar per cercare i miei amici e ho cominciato a chiedere alle forze dell’ordine cosa fosse accaduto. Nessuno mi sapeva dire niente, ho visto gli agenti di pubblica sicurezza anche loro in difficoltà, alcuni molto preoccupati. Alla fine solo dopo 40 minuti i vigili del fuoco hanno cominciato ad invitarci ad andare sotto il maxi schermo dove c’era un punto di ritrovo, allestito dai pompieri per permettere alle persone di riunirsi con amici e parenti. C’era un pompiere che con un megafono leggeva i nomi della varie persone e invitava ad avvicinarsi alla zona di raccolta. Lì ho ritrovato la mia comitiva, sono riuscito a farmi prestare un telefono e ho avvisato a casa del fatto che stavo bene e avevo solo qualche escoriazione”.
Il racconto di Coduti, che era arrivato in piazza San Carlo nel tardo pomeriggio riprende e torna ai momenti prima dell’evento che ha scatenato il panico nella folla. “Ho visto – spiega – fin dal nostro arrivo un grande dispiegamento di forze dell’ordine, carabinieri, poliziotti, uomini della guardia di finanza e pompieri che controllavano gli zaini per accertarsi che nessuno avesse bottiglie od oggetti contundenti, poi però una volta entrato ho notato che c’erano decine di venditori ambulanti di bottiglie con i carrelli. Ho trovato la cosa un po’ contraddittoria e infatti alla fine quando è scoppiato il panico nella piazza in terra c’era una distesa di cocci di vetro, per lo più le persone si sono ferite con quelli. Forse la situazione poteva essere gestita meglio fin dall’inizio evitando che entrassero venditori con bottiglie di vetro. Che senso ha perquisire gli zaini se poi si lasciano entrare gli ambulanti con le bottiglie di birra? Soprattutto in una città come Torino dove gli spazi per gestire correttamente questi eventi non mancano a cominciare dalla stadio”. “Mai avuta tanta paura in vita mia – racconta invece Fred, un altro giovane lucchese che si trovava in piazza San Carlo -: Avevo pure perso il cellulare e poi dopo un’ora ritrovato da un ragazzo che ha risposto alle mie chiamate da un altro cellulare. E’ stata l’esperienza più brutta della mia vita”.
Gabriele Mori – Enrico Pace