


Lascia un vuoto incolmabile a Lucca, che con la sua improvvisa scomparsa perde una figura di primo piano nel mondo imprenditoriale e non solo. Jolanda Zambon è morta all’età di 55 anni, nella sua abitazione della Santissima Annunziata a Lucca. E’ stata trovata all’alba dalle figlie, ormai priva di vita. Un malore, forse un infarto fulminante l’hanno strappata all’affetto dei suoi cari e a quello di una città che ora la piange. Una Lucca dove muoversi non è sempre stato facile per la Zambon, ma che non le ha mai voltato le spalle: riservandole, ad ogni nuova stagione, un ruolo di primo piano nel panorama imprenditoriale e sportivo.
Dirigente della Metaform, era stata presidente della società del basket Le Mura, sua grande passione, negli anni ruggenti della promozione dalla categoria B1 all’A2, una tappa cruciale che avrebbe avuto come epilogo di una stagione di successi lo scudetto conquistato proprio quest’anno dalle ragazze di Gesam Gas. Ed è il mondo del basket soprattutto a piangerla: la lady del basket era entrata come dirigente dell’Arcanthea, con l’intenzione di rilanciare il team della Pallacanestro Lucca. Da presidente del basket Le Mura a dirigente della Pallacanestro Lucca il passo fu veramente breve per la Zambon, che entrò nella società nel 2013.
Ma è l’imprenditoria – e soprattutto quella al femminile – a perdere una figura di primo piano, non solo a Lucca ma anche a livello nazionale. Già membro del direttivo e vicepresidente di Confindustria Lucca, la Zambon aveva fatto parte anche del comitato sindacale nazionale dell’associazione degli industria. Partita dal mondo dell’arredo del bagno, la carriera di Jolanda è coronata da successi. Stimata e autorevole nel suo settore, nel 2008 ottiene il premio Reverberi per l’impresa dell’anno, un riconoscimento che fino ad allora era stato assegnato soltanto in tre altre occasioni a Walter Veltroni, Giorgio Armani e Kobe Bryant. Negli anni 2000 aveva preso il posto del nonno nelcda della Metalplast poi divenuta Metaform, azienda che la Zambon aveva diretto per diverso tempo.
Adesso lavorava per la Fondazione Campus di Lucca, per la quale curava le relazioni esterne e alcun progetti speciali, e che oggi si manifesta più che mai “vicina alla famiglia di Jolanda, cui esprime le più sentite condoglianze”. Il ’matrimonio’ con la Fondazione Campus risale agli inizi del 2016, e fu del tutto fortuito. Ma bastò un incontro per convincere Marialina Marcucci che la Zambon era la donna perfetta per costruire un ponte fra la scuola d’eccellenza e il mondo dell’imprenditoria. Il colloquio che seguì con il direttore amministrativo Antonio Abatangelo fu soltanto la conferma: perché Zambon era perfettamente riuscita a calarsi nel nuovo ruolo, muovendocisi come in un vestito cucito ad hoc da un sarto. Iniziò subito ad occuparsi di sponsorizzazioni e relazioni esterne, interpretando come sempre con il suo tocco inconfondibile il suo lavoro. E’ stato così che mentre ’conquistava’ imprenditori per la Fondazione Campus l’imprenditrice innamorata di Lucca studiava anche eventi e incontri di richiamo per rilanciare dalla sua città un’idea di turismo e promozione ambiziosi. Da questo impegno sono nati incontri come quelli con Mauro Felicori, direttore della Reggia di Caserta, o con Gianni Onorato, ad di Msc Crociere. Zambon stava curando altri incontri di grande portata alla Fondazione Campus, con un programma fitto che si allungava fino al 2018 e che prevedeva l’arrivo in città di Giovanni Malagò, presidente nazionale del Coni. “Jolanda si era integrata fin da subito – spiega Abatangelo, direttore amministrativo della Fondazione Campus -, interpretando al meglio la sua mission. Era appassionata del suo lavoro e direi quasi stacanovista. Ci ha conquistato tutti, fin dall’inizio”. Anche ieri Zambon era al lavoro alla Fondazione Campus, da cui era uscita poco prima delle 19 salutando i colleghi per il fine settimana. Purtroppo, qualche ora dopo sarebbe accaduto il dramma. Nella sua casa della Santissima Annunziata l’hanno trovata morta le due figlie. Si pensa ad un malore, una disgrazia di fronte alla vitalità che la Zambon riusciva ancora ad esprimere. I colleghi stessi sono increduli: “Ultimamente, in modo particolare – confessano – era il ritratto della serenità”. Separata da tempo, la Zambon aveva saputo più volte reinventarsi nella vita, sia che si trovasse di fronte alle discese che alle salite. Sempre grazie al lavoro e all’amore per lo sport e in particolare per il basket. Oltre alle figlie, la Zambon lascia nel profondo dolore il fratello Stefano e le sorelle Valentina e Monica.