
“Questa è la mia ultima fuga”. Ha detto così agli inquirenti che lo arrestavano ad un mese dalla sua evasione Johnny lo Zingaro, alias di Giuseppe Mastini, ergastolano in fuga dal 30 giugno scorso quando non si era presentato alla scuola di polizia penitenziaria di Cairo Montenotte, in provincia di Savona, dove era stato assegnato a lavori utili. La polizia, con il contributo anche di investigatori di Lucca, lo ha bloccato a Taverne d’Arbia, in provincia di Siena. Stando a quanto ricostruito, si era rifugiato dai parenti della compagna, Giovanna Truzzi, 58 anni, anche lei evasa dagli arresti domiciliari a Pietrasanta, in Versilia.
Per gli inquirenti i due avrebbero organizzato insieme la fuga, per viversi la loro relazione d’amore. Ma le telefonate e i contatti con i parenti della donna hanno tradito i due fuggiaschi, che sono stati localizzati grazie alle intercettazioni telefoniche. Così Johnny lo Zingaro, ritenuto un porotagonista della Roma criminale degli anni 80 torna in cella.
Alfredo Fabbrocini, direttore della seconda divisione del Servizio Centrale Operativo della Polizia ha spiegato che all’operazione hanno lavorato oltre 50 uomini del reparto Squadra Mobile della Polizia di Cuneo, Lucca e Siena e della Polizia Penitenziaria. Fabbrocini ha aperto la conferenza stampa con il ricordo dei colleghi vittime di Johnny lo Zingaro, “Michele Giraldi, Mauro Petrangeli, Vittorio Bigi; parliamo di persone uccise o ferite e per i quali ci siamo sentiti in dovere d’impegnarci forse più di quanto siamo abituati a fare solitamente, per cercare di evitare che Johnny riuscisse o provasse a sottrarsi per l’ennesima volta alle maglie della giustizia”, ha detto Fabbrocini.