
Nel giorno del dolore restano i dubbi e le domande. I cadaveri di Eugenio Viviani, 54 anni di Santa Maria del Giudice e di Antonio Pellegrini, 61 anni di Lammari, sono esposti nella camera ardente dell’obitorio del Campo di Marte. Fatale, per loro, la caduta da un’altezza di dieci metri mentre montavano i portalumini per la processione della Santa Croce. Sui corpi evidenti i segni della caduta, tanto evidenti che il magistrato non ha ritenuto necessario chiedere l’autopsia, limitando le necessità investigative all’esame esterno.
E anche dall’analisi dei corpi emergono alcune domande a cui dovrà rispondere la magistratura, per evidenziare le eventuali responsabilità. Le ferite mortali, le più evidenti, sono alla testa. E il primo dubbio riguarda il perché i due operai non indossassero il caschetto. Certo, vista la caduta improvvisa l’esito sarebbe stato identico, ma l’analisi del rischio dell’intervento avrebbe forse richiesto come obbligatoria la misura di sicurezza.
L’altro dubbio riguarda l’età delle due vittime: perché a fare un lavoro ad elevato rischio, come tutti quelli con l’utilizzo di una piattaforma elevatrice, sono stati impiegati dalla ditta due operai ultra50enni, uno addirittura già oltre i 60 anni? Senza nulla togliere, ovviamente, alla loro perizia e preparazione.
Il punto centrale è, poi, quello del mezzo utilizzato per il lavoro, quello il cui braccio si è schiantato provocando il crollo mortale. Da una parte è risultato assodato che la verifica annuale era stata effettuata, anche se in scadenza al 26 di settembre. Ma a parte questo tipo di verifiche sui mezzi sono da prevedere una serie di controlli da parte del datore di lavoro, prima di farlo uscire per un intervento. E fra questi la valutazione dei punti di criticità, e il perno è uno di questi, della piattaforma elevatrice. Pur essendo un evento poco probabile, quello della rottura del braccio della gru, insomma, era comunque un’ipotesi da tenere sotto controllo. Sarà ancora una volta la magistratura, a capire se tutto quanto era possibile verificare e la legge prevede, è stato fatto.
Spetterà dunque alle perizie richieste dal pubblico ministero e a quelle di parte capire i diversi profili di responsabilità dell’evento, capire se si sarebbe potuto evitare l’incidente o, nel caso, il suo esito mortale.
Una tragedia che, comunque, fa tornare drammaticamente l’attenzione sugli infortuni sul lavoro in Italia e non solo. E’ di pochi giorni fa la relazione dell’Inail su infortuni sul lavoro e malattie professionali. Nel 2016 sono state 1104 le morti sul lavoro, 182 di meno rispetto all’anno precedente, ma comunque una media di tre al giorno. In generale gli infortuni sul lavoro sono stati 642mila nel 2015, fra quelli sul posto di lavoro e quelli ‘in itinere’. Gli infortuni sul lavoro, oltre che principalmente un dramma per lavoratori e famiglie, va ricordato, rappresentano anche un costo per la comunità: hanno infatti causato circa 11 milioni di giornate di inabilità, il cui costo è a carico dell’Inail.
Enrico Pace