Abusi nel bosco, vittima: non conosco i miei aggressori

di Roberto Salotti
Due ore di abusi in quel boschetto. Nelle mani dei suoi due aguzzini, che ora la trentenne accusa di averla violentata. Sarebbe durato dalle tre alle cinque della notte tra venerdì e sabato scorsi (9 settembre) l’incubo per la giovane donna, che all’alba è stata soccorsa da alcuni clienti del bar della stazione di rifornimento Aquila, nella zona del Frizzone, tra Porcari e Capannori (Leggi). E’ ancora ricoverata all’ospedale San Luca, per le lesioni lacero contuse che si è provocata fuggendo tra i rovi e nei campi prima di riuscire ad arrivare alla strada e a chiedere aiuto alle persone che si trovavano nel locale. Ma la giovane, conosciuta come assuntrice di stupefacenti, e colpita da un obbligo di dimora a Lucca, comune dove risiede, è ancora sotto choc e al momento appare piuttosto reticente agli stessi inquirenti. Ancora tanti i punti oscuri di quel racconto, che i carabinieri che indagano sulla vicenda, inquietante se venisse confermata in ogni suo dettaglio, stanno cercando di chiarire.
Forse lo choc, forse la paura al momento impediscono alla giovane, assistita dal personale del Codice rosa, formato per violenze di questo genere, di parlare e rivivere quelle ore passate nelle grinfie di due aguzzini, entrambi secondo quanto riferito dalla donna di origini nordafricane.
Le indagini dell’Arma sono coordinate dal sostituto procuratore Sara Polino, a cui sarà trasmessa la cartella clinica della giovane donne, che già sabato è stata sottoposta a tutti gli accertamenti del caso, compreso il tampone per stabilire se abbia avuto rapporti sessuali recenti e se ci possa essere stata violenza.
Al momento, l’evidenza c’è soltanto sulle ferite esterne che la donna si è provocata fuggendo dal boschetto a piedi nudi. I carabinieri hanno battuto palmo a palmo la zona rurale dove la donna sostiene di essere stata attirata sabato notte, dopo essersi fatta accompagnare da una persona con l’auto. Ma sui suoi aggressori non è riuscita a dire molto. Ha detto di averli visti per la prima volta e di non essere in grado di riconoscerli. Perché era buio, in quel boschetto dove dice di essere stata violentata per un tempo, per lei, infinitamente lungo. Stremata dopo quel supplizio, sarebbe riuscita a sfuggire, correndo nei campi. Fino al bar, dove un passante l’ha soccorsa per primo e ha dato l’allarme. Lei stessa, sulle prime, non aveva ritenuto di chiedere aiuto con il cellulare che pure aveva con sé. Forse temendo di poter passare dei guai, perché aveva violato l’obbligo di dimora, inizialmente ha fornito anche false generalità e un’età diversa dalla sua. Ai carabinieri c’è voluto poco per scoprire di chi si trattava e anche perché si era spinta in quel luogo, un’area dove ci sono poche case e che viene considerata una piazza dello spaccio al dettaglio.
Di questo racconto, i carabinieri stanno cercando conferme. Mentre sono stati disposti gli esami anche sui capi indossati dalla donna quando è stata soccorsa dal 118 e poi portata al pronto soccorso dell’ospedale San Luca. Si cercano eventuali tracce della violenza, liquidi biologici che potrebbero costituire la prova di rapporti sessuali ma anche delle violenze che lei ha denunciato. Una vicenda, su cui si svolgono indagini riservate e su cui c’è il comprensibile riserbo da parte degli inquirenti, che, se confermata, sarebbe gravissima.