Aggressione all’operaio al Bruton, estradato Mossa

14 settembre 2017 | 07:29
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Aggressione all’operaio al Bruton, estradato Mossa
Aggressione all’operaio al Bruton, estradato Mossa
Aggressione all’operaio al Bruton, estradato Mossa

Adesso non potrà più sfuggire alla giustizia. Da qualche ora Adam Alexander Mossa, il musicista di 28 anni di Sant’Andrea di Compito, ex esponente di spicco del disciolto gruppo di ultras di estrema destra Bulldog, è rinchiuso in una cella del carcere di Rebibbia, a Roma, dopo essere stato estradato dall’Inghilterra. Nel paese anglosassone venne individuato e arrestato nel novembre del 2016, grazie alle meticolose indagini della Digos di Lucca diretta dal vice questore Leonardo Leone (Leggi). Gli agenti erano riusciti a individuarlo nella contea di Kent, a sud di Londra, dove il giovane musicista della band Nessuna resa, vicino agli ambienti degli skin heads era fuggito per evitare il carcere. Accusato di aver aggredito l’operaio di sinistra Sasha Lazzareschi, colpendolo con il fondo di un bicchiere mentre si trovava davanti al pub Bruton di Ponte a Moriano la sera del 10 maggio del 2010, deve scontare una pena definitiva a otto anni.

Era latitante, tuttavia, dal novembre del 2015, dopo essere fuggito da Lucca prima ancora che la Cassazione, il 3 luglio di quello stesso anno, emettesse la condanna definitiva. Lui, a differenza degli altri due imputati, Stefano Vannucci, 30 anni, di San Filippo, e Lorenzo Pucci, di 28, residente nel compitese, non si era costituito alla polizia ma aveva fatto perdere le tracce di sé. Gli agenti della Digos, che lo stavano monitorando da qualche tempo, sono riusciti, grazie a lunghe e delicate indagini a rintracciarlo quasi un anno fa in Inghilterra, dove Mossa, aiutato dalla rete degli skin heads, si era rifatto una vita, lavorando come barista in un ristorante italiano, la cui proprietà riporta proprio a Lucca. Un locale estraneo a tutto quanto, dove però Mossa si garantiva anche la sussistenza, evitando di avere troppi contatti con la città dalla quale si era allontanato nel 2015, facendosi portare a Milano, dove aveva preso un treno per Dusseldorf in Germania e da qui si era imbarcato su un volo per Londra. E’ quanto ha ricostruito la polizia, coordinata nell’indagine inizialmente dal pm Fabio Origlio, e poi dal sostituto procuratore Lucia Rugani, che ha firmato la richiesta di estradizione.
Un iter lungo quello seguito dalla pratica, anche perché Mossa, attraverso il suo difensore si è opposto all’estradizione ed ha chiesto di scontare la sua pena in Inghilterra. Richiesta negata. Individuarlo e arrestarlo non è stato semplice, anche perché Mossa, essendo nato nel Regno Unito, circolava con un passaporto inglese ed era passato dunque inosservato. Fin quando, grazie al coinvolgimento dell’Interpol e della direzione centrale della polizia di prevenzione, che si occupa di casi di aggressioni di matrice politica e terrorismo, Mossa non era stato individuato. Spiccato il mandato di arresto europeo, la polizia locale su indicazione dei colleghi di Lucca eseguì l’arresto.
Il Mossa è stato esponente di spicco dell’estremismo di destra lucchese, simpatizzante di Forza Nuova e contiguo alla disciolta fazione della locale tifoseria ultras Bulldog. Più volte denunciato era stato arrestato nel 2007 in esecuzione di un ordine di custodia cautelare per ripetuti episodi di violenza ed illegalità commessi in ambito sportivo, nonché sottoposto al Daspo nel 2009. Dopo l’arresto furono avviate subito le pratiche per l’estradizione da quel paese, in modo che potesse scontare la pena in Italia. Per l’accusa fu proprio lui a lanciare quel bicchiere che colpì all’occhio Sasha Lazzareschi, provocandogli lesioni gravissime e permanenti. Per quell’episodio venne arrestato insieme a Vannucci e Pucci nel maggio del 2010 e trascorse un periodo in carcere, fino al novembre di quell’anno. Poi venne collocato agli arresti domiciliari fino al giugno del 2012. Poi nel 2015 la fuga all’estero, durata all’incirca un anno: la polizia gli stava con il fiato sul collo e grazie ai social network e alle indagini su alcuni personaggi dell’ambiente che avevano continuato a tenersi in contatto individuarono l’ex Bulldog.
La notizia del suo arresto, un anno fa, fece un certo clamore in città e ora a sette anni da quella barbara aggressione, secondo la polizia, di matrice politica, la giustizia ha presentato il conto. All’epoca del fermo, i simpatizzanti della rete di skin heads che lo avevano aiutato, secondo l’accusa, a nascondersi aprì una pagina facebook, iniziando una raccolta fondi perché Mossa potesse sostenere le spese legali. Furono poi gli antagonisti a denunciare un singolare fatto, che trovò poi riscontro: l’avvocatessa a cui fu affidata la difesa sparì truffando tutti.

Roberto Salotti