
“Basta delle toccatine, solo delle toccatine: e allora arrivi, prevali e duri. Duri tanto, invece gli altri fanno picco”. E’ Luca Franceschi a parlare. Si rivolge ad un atleta della Gfdd Altopack, e, per gli inquirenti che annotano l’intercettazione agli atti dell’inchiesta per doping nel ciclismo dilettantistico (Articolo e video), questo dimostrerebbe che era lui non solo a reclutare i migliori giovani sulla ‘piazza’ ma anche a spingerli ad assumere sostanze vietate per vincere le gare. Perché, spiega il giudice nell’ordinanza cautelare, Franceschi era “ossessionato” dai risultati del team, perché vincere significava, ricostruiscono gli inquirenti, avere più soldi dagli sponsor.
Sarebbe questo, secondo gli inquirenti della procura di Lucca, ad emergere dalle conversazioni e dalle intercettazioni ambientali raccolte nell’inchiesta che ieri è culminata in sei arresti e in cui sono indagate altre 17 persone.
Un’ossessione, quella del presidente Luca Franceschi, tale da mandarlo “fuori di testa”.
“Viaggiare con questo Luca se non si arriva alla vittoria va fuori di testa, non è il clima adatto per correre”, osserva il responsabile della segreteria del team parlando con il secondo direttore sportivo Andrea Del Nista, anche lui indagato sebbene la sua posizione sia più defilata. Da quello che gli inquirenti ipotizzano dalla conversazione, Franceschi stava addosso agli atleti: “Gli ha messo una pressione addosso che i ragazzi non sanno quello che fare”.
“Oltre a quello c’hai anche la responsabilità – dice Del Nista, lamentandosi della situazione -: succedesse qualcosa hai anche la responsabilità, perché se venisse fuori che qualcuno ha preso un’aspirina di troppo, non ti dico… non dico altro, un’aspirina di troppo, e viene preso con un’aspirina di troppo, il responsabile sei te, cioè sono io, sono io, perché risulto direttore sportivo. Sono io e siccome anche per domenica aspirine di troppo c’erano, capito?”.
“Eh viaggiare – risponde il responsabile della segreteria -, viaggiare con questo Luca se non si arriva alla vittoria va fuori di testa”.
Per questa ansia di vincere e di guadagnare più credibilità e denaro con gli sponsor, sostiene l’accusa, gli atleti, anche giovanissimi, venivano spinti a doparsi. Non più in ritiro, come avveniva prima della morte di Linas Rumsas, la giovane promessa del ciclismo stroncato in circostanze misteriose, e ancora tutte da chiarire, il 2 maggio scorso. Ma in una proprietà dei genitori del presidente: Narciso Franceschi e Maria Luisa Luciani.
Nell’ordinanza figurano alcune conversazioni che per gli inquirenti dimostrerebbero che circolavano sostanze pericolose e vietate, perché somministrate senza ricetta medica, ai ciclisti. E che si temevano anche i controlli.
I primi ‘segnali’ vengono intercettati già il 25 giugno scorso in una conversazione fra l’ex ds Elso Frediani, finito agli arresti domiciliari e un atleta del team. “E nei Pro la beccano quella lì?”, chiede al ds il corridore. Frediani domanda: “Cosa?”. Il ciclista risponde: “Igfi, quello che fan tutti”. “Ma non lo fanno neanche – ribatte Frediani -. Non è che individuano il prodotto, però se ne accorgano per via che ci sono le anomalie. Loro vedano anomalie ed allora qualcosa hai intopato. Loro siccome c’hanno gli accumuli c’hanno del sangue dell’urina, capito… sicché loro è tutto un altro doping rispetto al nostro, c’hanno tutto un altro controllo”.
In un’altra intercettazione l’ex direttore sportivo dà ad un altro ciclista indicazioni su come assumere il Ringer, un farmaco utilizzato per la manipolazione chimico fisica del sangue e dunque vietato.
L’atleta racconta a Frediani di aver fatto la flebo di Ringer e il ds gli chiede se ne ha fatto metà e lui conferma. “Però lo sai – dice Frediani – per qualsiasi cosa, io e te e basta perché non c’è da fidarsi di nessuno lì dentro, ricordatelo”.
Poi in una conversazione un ciclista non più giovanissimo dimostra di sapere, secondo la ricostruzione degli inquirenti, che quello che viene assunto è vietato: “La ricetta è quella che ti serve per prendere quella roba lì, che non ti fan problemi, il permesso del medico sarebbe, perché dovrebbe fartelo un medico non puoi fartelo te, io lupo”.
Un ‘modello’ che riaffiora in altre conversazioni tra ciclisti. In una di esse, un atleta si manifesta scettico: “Però – dice all’altro – io non son convinto di questa roba”. “Come no – lo rimbocca l’altro con il quale sta parlando per convincerla – questa è medicina, è scienza applicata”. “Sì ma sai che metton dentro le cose”, ribatte. “Tracciante”, aggiunge l’altro. “Sì che non ti trovano Epo, ma ti trovano…”, risponde l’altro subito interrotto dal collega: “La molecola dopo 5 giorni va via”.
Ma è una conversazione fra l’ex ds Elso Frediani e un ex corridore e avvocato del foro di Lucca – iscritto nel registro degli indagati con l’accusa di favoreggiamento – ad attirare l’interesse degli inquirenti. Risale al 18 luglio scorso. Per gli inquirenti dimostrerebbe che il ‘giro’ illecito di sostanze vietate era conosciuto agli indagati.
“Io Elso quella gestione, quella mentalità lì la conoscono troppo bene – si sfoga l’avvocato -. Poi insomma ora io non voglio discorrere no. Io feci una volta una roba di tre giorni, quattro giorni, con la mountain biche insieme a dei ragazzi che si andava lì al Franceschi, no? E Narciso (il padre di Luca, ndr), mi dette da fà che io non sapevo neanche che… non… praticamente incominciavo ad andare a vedere le biciclette, cercava di convincermi che dovevo fare la corteccia surrenale, il Sinarten (gli inquirenti ritengono si riferisca all’ormone corticotrofico Synacthen, ndr), che intanto non era nulla, questo era come concepivano loro il ciclismo, lo concepiscono a tonnellate di anfetamine.. son così capito? non è che… ti posso raccontare perché ci litigai… come te l’ho raccontato altre volte ma ti posso raccontare quello che ho visto fare con che approssimazione, capito?”.
I sei arrestati Luca Franceschi, il padre Narciso, la madre Maria Luisa Luciani, l’ex ds Elso Frediani, il farmacista Andrea Bianchi, che avrebbe ‘rifornito’ il team di farmaci vietati, e Michele Viola, ex corridore e per l’accusa, anche lui fornitore della squadra, saranno interrogati dal gip lunedì (12 febbraio). In quella sede potranno chiarire la loro posizione, rispondendo alle domande del giudice: al momento si trovano agli arresti domiciliari, con l’accusa di associazione a delinquere per reati in materia di doping. L’unico a cui il reato associativo non è contestato è l’ex preparatore tecnico del Velo Club Coppi Lunata, Michele Viola. Nessuno di loro, tuttavia, finora ha collaborato con gli inquirenti. Anzi, è stato piuttosto difficile per gli investigatori trovare conferme nell’ambiente del team. Tuttavia, ormai da tempo gli indagati erano intercettati e pedinati. La squadra mobile ha ripreso anche, di nascosto, l’arrivo degli atleti nell’immobile che sarebbe stato adattato a ‘clinica’ abusiva, dove, per l’accusa, sarebbero avvenute le consegne di farmaci dopanti che venivano poi somministrati agli atleti.
Roberto Salotti – Enrico Pace