Assolto per corruzione, Chiari chiede maxi risarcimento

Marco Chiari presenta il conto. Ed è molto salato. L’ex assessore all’urbanistica finito in carcere con l’accusa di corruzione nell’ambito dell’inchiesta della procura di Lucca che nel 2011 aveva ipotizzato reati legati all’urbanistica in particolare relativamente al progetto del Parco di S. Anna, con la società Valore, e poi prosciolto dal gup perché “il fatto non sussiste” chiede ora un risarcimento danni di 6 milioni e 400mila euro. La cifra è contenuta nell’atto di citazione depositato da Chiari al tribunale di Genova, con cui l’ex assessore, oggi coordinatore comunale di Fdi, cita la presidenza del consiglio dei ministri “chiedendo di dichiarare la responsabilità dello Stato per colpa grave dell’allora pubblico ministero Fabio Origlio e dell’allora giudice per le indagini preliminari Simone Silvestri – scrive Chiari – e condannarli al risarcimento dei danni patrimoniali, subiti dal sottoscritto e quantificati in 6.400.000 euro”. La prima udienza è stata richiesta per il 5 giugno prossimo.
“Preciso – osserva Chiari – che questo procedimento risulterebbe il primo in Italia”. La pratica è seguita dall’avvocato Antonio Marrone che ha predisposto il tutto. “Ora queste persone che ingiustamente mi hanno rovinato la vita – accusa Chiari – dovranno rispondere in prima persona dei loro errori come sarebbe normale che sia in un Paese civile”. La vicenda si sviluppa tra il maggio e il giugno del 2011. Il 15 di quest’ultimo mese Chiari fu condotto in carcere in esecuzione di un’ordinanza di custodia cautelare ma già il 21 giugno il tribunale de Riesame, accogliendo il ricorso dell’allora assessore, ne dispose la scarcerazione. Contro il provvedimento fece ricorso la procura ma venne rigettato. Dopo la richiesta di rinvio a giudizio del 22 aprile 2013 il gup Mugnaini, con sentenza del 25 febbraio 2015, dichiarava il non luogo a procedere nei confronti di Chiari perché il fatto non sussiste. Venne poi respinto il ricorso contro la sentenza del non luogo a procedere. Dopo che la sentenza divenne definitiva, Chiari presentò alla Corte d’Appello di Firenze richiesta di riparazione per l’ingiusta detenzione: proposta accolta dalla Corte che fissò l’indennizzo a 9.760 euro.