Scontri al G7, chiesto processo per 37 manifestanti

24 maggio 2018 | 10:41
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Scontri al G7, chiesto processo per 37 manifestanti

Avevano lanciato petardi ai piedi di poliziotti e carabinieri in assetto da sommossa, con l’obiettivo di sfondare il cordone di sicurezza davanti a Porta San Jacopo ed entrare in centro storico dove si stava svolgendo il G7 dei ministri degli Esteri. Dietro ad una rete metallica, travisati da cappellini e occhiali, c’erano attivisti dei collettivi ma anche black block mascherati tra la folla del corteo, che si disperse dopo gli scontri sotto le Mura, il 10 aprile del 2017. Qui restarono feriti 6 tra agenti e carabinieri. “Un atto premeditato”, l’aveva definito il questore. Oggi, a poco più di un anno di distanza, la procura chiede il rinvio a giudizio delle 37 persone (13 delle quali residenti a Lucca e provincia), individuati grazie alle indagini della Digos e iscritti nel registro degli indagati.

Dovranno comparire davanti al giudice per le udienze preliminari del tribunale di Lucca il prossimo 18 giugno. Sono accusati, a vario titolo, di lesioni e resistenza aggravate a pubblico ufficiale. Per altri 7 denunciati si procede con un altro filone: si tratta di 4 antagonisti lucchesi, bloccati a poche ore dal corteo che attraversò i viali della circonvallazione e che furono trovati in possesso di 10 gommoni gonfiabili, riportanti scritte e simbologie antagoniste, materiale che avrebbero utilizzato per fronteggiare la polizia durante la manifestazione. I quattro erano stati segnalati per tentata resistenza a pubblico ufficiale, mentre altri 3 giovani, che in avevano partecipato alla manifestazione, erano stati segnalati perché trovati in possesso di oggetti atti ad offendere a bordo di un’auto con la quale stavano rientrando a casa la sera dopo gli scontri.
Tra i manifestanti indagati figurano anche attivisti dei centri sociali e dei collettivi, residenti in Toscana e non solo, in particolare di Pisa, di Firenze, di Massa Carrara ma anche di La Spezia e Bologna, fuori regione. Ma alcuni arrivavano perfino da Cosenza.
Erano stati identificati grazie ad un lavoro meticoloso di esame delle immagini dei filmati e delle fotografie scattate dagli agenti in borghese, che hanno seguito tutto il percorso del corteo, partito poco prima delle 16 del 10 aprile 2017 dalla stazione e che attraversò i viali per dire no allo svolgimento del vertice internazionale in città. Alcuni dei manifestanti erano stati identificati da alcuni particolari degli indumenti o delle calzature, perché durante il raid erano travisati. Un giovane, invece, era stato identificato per il colore delle stringhe della scarpe, altri per le magliette indossate. Un lavoro di setaccio e di confronto, svolto in collaborazione con le questure delle città di residenza degli antagonisti. Tredici degli indagati sono lucchesi: gli altri provengono dalle zone limitrofe alla Lucchesia.
Tra di essi, poi, c’era anche un minorenne. 17 anni appena, era stato segnalato al tribunale dei minori.

La colonna di circa 350-400 persone, che aveva intonato cori contro le potenze mondiali riunite in centro storico, aveva sfilato senza problemi dalla stazione alle Tagliate, dove si erano aggiunti altri manifestanti e il corteo era proseguito verso porta Santa Maria e infine davanti a Porta San Jacopo. Qui, secondo quanto ricostruito, almeno una 50ina di manifestanti presenti al corteo, a cui si erano infiltrati alcuni black block, si avvicinarono al cordone della polizia e dei carabinieri che presidiava l’accesso alla porta dove il gruppo era passato all’azione. Si erano aperte le portiere del furgone che guidava il corteo e ne erano uscite le reti e le ‘maschere’ dietro cui si erano messi i facinorosi. Con la testa del corteo ferma sul viale Marti, all’incrocio con via Jacopo della Quercia, i manifestanti avevano acceso i primi fumogeni. Poi al grido “Non ci fermerete” erano corsi incontro alle linee della polizia.
Nessun ordine di carica ancora, ma la tensione era poi salita alle stelle.
Da dietro alla rete da pollaio partirono due petardi, finiti ai piedi di poliziotti e carabinieri. Al secondo lancio, partì la carica e con essa le manganellate. Il caos: gran parte del corteo si disperse, mentre altri manifestanti furono rincorsi dalla polizia in tenuta anti sommossa fino a via Jacopo della Quercia. Calmate le acque, quella 50ina di manifestanti fu riaccompagnata alla stazione.
Le accuse che la polizia muove ai manifestanti identificati vanno da resistenza a pubblico ufficiale, lancio e accensioni di oggetti pericolosi, porto di oggetti atti ad offendere, travisamento e violazione delle prescrizioni imposte dal questore di Lucca.

Roberto Salotti