
Tre uomini accusati di spaccio presentano ricorso in Cassazione per impugnare la condanna, ma non nominano legali e quindi la pena viene confermata. I tre, scorso anno, erano stati arrestati per detenzione e spaccio di sostante stupefacenti, e a novembre a seguito di rito abbreviato condannati a 3 anni di reclusione. E’ il singolare caso arrivato alla Suprema Corte, che ha respinto i ricorsi dei tre imputati.
Gli agenti della polizia li avevano tratti in arresto a seguito di alcune indagini mirate alla repressioni dei fenomeni di spaccio in città e in provincia, ritrovando nelle loro abitazioni sia la droga, in particolare hashish che denaro contante, presumibilmente provento delle attività di vendita dello stupefacente. Gli ermellini hanno dichiarato inammissibile il ricorso di Bachir Jarmouni, 28 anni, Abdellah Jarmouni, 35 anni, e Hicham Allam, di 26 anni per un errore che stanno commettendo in molti. Dal settembre dello scorso anno, infatti, con la legge 103 del 2017, entrata in vigore esattamente il 3 agosto 2017, è stata eliminata la possibilità del ricorso personale dell’imputato. Interpretando questa norma con la recente pronuncia a sezioni unite si è stabilito, infatti, che il ricorso per Cassazione, avverso qualsiasi tipo di provvedimento, non può essere personalmente proposto dalla parte, ma deve essere sottoscritto, a pena di inammissibilità, da difensori iscritti nell’albo speciale della Corte di cassazione. “Conseguentemente – si legge in sentenza – i ricorsi personali degli odierni ricorrenti vanno dichiarati inammissibili con ordinanza de plano”.
v. b.