
Pubblicata la relazione semestrale della Dia (direzione investigativa antimafia) che due volte l’anno relaziona il Parlamento sull’andamento generale della lotta alle mafie e alla criminalità organizzata, italiana e straniera. In Toscana, secondo gli inquirenti, agirebbero tutte le varie organizzazioni criminali e la ‘ndrangheta si conferma quella più pericolosa e diffusa. Ma è la camorra a destare maggior preoccupazione in regione negli inquirenti, soprattutto in gran parte della Versilia, per via di insediamenti di famiglie ritenute legate alla criminalità organizzata campana.
“Le organizzazioni camorristiche sono presenti in maniera eterogenea sul territorio regionale – si legge nella relazione – con insediamenti in provincia di Grosseto ed in tutta la Versilia (soprattutto Casalesi), nonché nella provincia di Prato e Lucca. Proprio tra le province di Prato e Pistoia, nel mese di novembre 2017, la Dia di Firenze ha eseguito il sequestro di diversi immobili e aziende, nonché disponibilità finanziarie, per un valore complessivo di oltre un milione di euro, riconducibili ad un pluripregiudicato di Torre del Greco referente toscano del clan camorristico Birra-Iacomino. Queste forme di intromissione nell’economia toscana trovano conferma anche in un’altra indagine, conclusa nel mese di settembre dalla Polizia di Stato, che ha evidenziato le attività di reinvestimento di capitali del clan Mallardo in Toscana, Abruzzo, Molise e Puglia. Il principale artefice delle operazioni di reimpiego era il cognato di uno dei capi del clan Mallardo”. L’analisi di ciascuna manifestazione criminale è stata condotta tenendo conto sia degli elementi informativi forniti dai Centri e dalle sezioni operative della Dia, sia di quelli partecipati dagli omologhi organismi collaterali. Un esame che si è concentrato, prima ancora che sulle “proiezioni territoriali” – riferite sia alle aree geografiche di elezione, sia alle presenze ultra regionali – sul modus operandi adottato dalle consorterie per mimetizzarsi nella società, specie nei casi di contaminazione della pubblica amministrazione e dell’economia legale. Altra importante novità del semestre riguarda le formazioni di matrice straniera, per le quali è stato fatto lo sforzo di interpretarne i comportamenti, anche alla luce dei tratti sociologico-criminali che affondano le radici nelle aree di provenienza. Sebbene in Toscana non si rilevino veri e propri insediamenti strutturali di ‘ndrangheta nel tempo è stata registrata la presenza di soggetti collegati alle cosche calabresi con interessi che spaziano dal traffico di stupefacenti allo sfruttamento di manodopera irregolare, dagli appalti pubblici agli investimenti immobiliari e commerciali, in primis quelli collegati al settore del turismo. Anche in Toscana, la sfera d’influenza di cosa nostra non si fonda sul controllo del territorio – sostengono dalla Dia -, bensì su forme e tentativi di penetrazione dell’economia e della finanza. Le attività di contrasto hanno rilevato presenze di soggetti contigui ad organizzazioni criminali di matrice siciliana, integrati nel tessuto sociale, dediti prevalentemente al reinvestimento di capitali illeciti, avvalendosi anche di figure professionali del luogo, dotate di competenze specifiche in campo finanziario e tributario.
Vincenzo Brunelli