
di Roberto Salotti
Un rapinatore seriale, protagonista, per gli inquirenti, degli episodi più cruenti avvenuti negli ultimi due anni a Lucca, provincia e oltre. Il nome di Flori Sejdini, 26 anni, di origini albanesi, figura, infatti, ancora una volta in un’ordinanza di custodia cautelare in carcere, richiesta al gip dal sostituto procuratore Elena Leone, ed eseguita dai carabinieri della Compagnia di Lucca. Per gli inquirenti, avrebbe fatto parte del commando di banditi che la sera del 30 marzo scorso, aggredirono un imprenditore e noto tifoso rossonero e la compagna mentre rientravano nella loro villa di via Lombarda a Lammari, avvisati della presenza di estranei in casa dall’allarme sul telefonino (Leggi).
Una notte di paura per la coppia, minacciata e colpita con dei legni raccolti in giardino dai rapinatori, poi fuggiti a bordo di una Renault Clio rubata. Su quell’auto la scientifica ha trovato le impronte di Sejdini, già in cella al San Giorgio, perché colpito da un’altra ordinanza per una serie di furti commessi tra la Lucchesia, Fucecchio e la provincia di Pistoia. Ancora lui era tra gli arrestati per la rapina choc ad una pensionata in via della Ralle a Segromigno in Piano: la povera anziana fu assalita in villa, legata e imbavagliata dai rapinatori che aprirono la cassaforte nel sottoscala (Leggi).
Per la procura Flori Sejdini faceva parte di quella “batteria” di malviventi che entrò in azione la sera del 30 marzo scorso e dopo una scorreria di furti, tra Segromigno e Gragnano (almeno tre i colpi contestati), fecero irruzione nella villa. Sorpresi dai proprietari li minacciarono: “Vi ammazziamo tutti e due”, gridarono i tre malviventi prima di infierire su entrambi, fuggire a tutta birra sulla Pesciatina, dove poi furono intercettati dai carabinieri. Ne nacque un rocambolesco inseguimento, terminato alle 4 Mura a Gragnano, dove i banditi in fuga speronarono la gazzella dei carabinieri, fuggendo poi a piedi nel bosco.
Le indagini dei militari coordinati dal maggiore Antonio Trombetta erano partite proprio da lì, dagli accertamenti della scientifica sull’auto rubata e abbandonata dai malviventi. Una impronta sulla portiera del conducente, insieme alle intercettazioni telefoniche, ha portato gli investigatori dritti a Sejdini, per il quale nel frattempo, a seguito di un’altra operazione dell’Arma messa a segno lo scorso maggio, si erano già aperte le porte del carcere. Tra questi il tentato furto in una abitazione di via delle Sane Vecchie, ancora a Segromigno, dove i malviventi furono scoperti grazie alla radiolina collocata nella culla di un bambino di appena tre mesi. I genitori accorsero, riuscendo a notare i malviventi in fuga e a fornire agli inquirenti la targa dell’auto.
“Questi individui vogliamo annientarli dal punto di vista giudiziario – ha affermato il procuratore capo Pietro Suchan che ha seguito in prima persona l’inchiesta -: vogliamo cioè metterli nelle condizioni che non possano più delinquere”.
All’appello mancano gli altri due complici del 26enne, che raggiunto dall’ordinanza di custodia cautelare in carcere ieri, sarà interrogato nelle prossime ore dagli inquirenti. Ma finora non ha mostrato segni di voler collaborare all’indagine, che resta aperta e punta ad assicurare alla giustizia anche gli altri due autori materiali della rapina choc a Lammari. I guai di Sejdini intanto non sono finiti. E’ accusato anche di altri tre episodi di furto, tutti compiuti nelle stesse ore della rapina, tra Segromigno e Gragnano. Ad allungare tuttavia la lista delle accuse c’è anche quella di ricettazione: all’interno dell’auto utilizzata per rapina e fuga gli inquirenti hanno trovato vario materiale, tra cui una pistola scacciacani, ritenuto provento di furto.