Reintegro, Ciancarella ricorre al Consiglio di Stato

24 settembre 2018 | 15:19
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Reintegro, Ciancarella ricorre al Consiglio di Stato

La battaglia di Mario Ciancarella si sposta al Consiglio di Stato. Il ricorso con il quale si chiede il reintegro del capitano dopo il caso della firma falsa sulla sua espulsione dalle forze armate è stato depositato proprio oggi (24 settembre), vergato dall’ex ministro Giovanni Maria Flick e dal professor Francesco Saverio Bertolini. “Se realmente il presidente della Repubblica Pertini avesse emanato, su proposta del ministro della Difesa, il decreto di rimozione dalla Aeronautica militare del capitano Ciancarella, non vi sarebbe stata necessità alcuna di compiere l’atto della sua falsificazione. Ad attestare l’inesistenza del provvedimento è propriamente il documento consegnato dall’amministrazione, valevole a dimostrare con la forza del giudicato – una volta accertata la falsità della firma in sede giudiziale – che un atto di volontà dell’amministrazione statuale di conclusione del procedimento disciplinare non esiste né è mai esistito”.

È la tesi sostenuta dai due professori nel ricorso affinché si disponga la reintegra in servizio, la ricostituzione della carriera giuridica ed economica fino al pensionamento e il risarcimento dei danni patrimoniali, morali ed esistenziali nei confronti di Mario Ciancarella, capitano dell’Aeronautica militare al momento della strage di Ustica, radiato nel 1983 all’esito di un procedimento disciplinare, con un atto attribuito all’allora presidente della Repubblica Sandro Pertini, mai notificato e poi esibito solo in copia (l’originale è inesistente alla Corte dei conti), la cui firma presidenziale è stata infine dichiarata falsa dal Tribunale di Firenze nel 2016, con sentenza passata in giudicato, nel processo per querela di falso proposto dall’avvocato Mauro Casella, del foro di Lucca.
Lo scorso mese di giugno il Tar della Toscana (sentenza 946/2018) ha dichiarato inammissibile il ricorso proposto da Ciancarella per ottenere, sulla base del falso accertato dal giudice, quanto ora riproposto al Consiglio di Stato. La sentenza del Tar, della quale si chiede l’annullamento, afferma la sopravvenuta acquiescenza di Ciancarella al provvedimento di espulsione, a causa del lungo tempo trascorso senza impugnazioni in sede giudiziale.
Secondo Flick e Bertolini, sarebbe anche indubbio che i decreti del capo dello Stato appartengono “agli atti per i quali la sottoscrizione costituisce elemento essenziale. La stessa Costituzione, quando prescrive la necessità della controfirma ministeriale ai fini della validità degli atti compiuti dal Capo dello Stato presuppone, con ogni evidenza, la firma ad opera di quest’ultimo, posto che non può essere controfirmato un atto che non sia a sua volta necessariamente firmato dal titolare del potere”.
E poiché l’ordinamento considera espressamente invalido il decreto del Capo dello Stato privo di controfirma, a maggior ragione “un decreto privo della sottoscrizione del Capo dello Stato deve dirsi semplicemente non esistente o, quantomeno, insanabilmente nullo”.
L’interpretazione è considerata erronea e infondata nel ricorso notificato al ministero della Difesa e oggi depositato al Consiglio di Stato: – non può esservi acquiescenza nei confronti di un procedimento che non si è mai concluso e la cui sanzione non è mai stata emessa, essendo avvenuto l’allontanamento dall’Arma in via “meramente fattuale”.
“Cosa avrebbe potuto fare Ciancarella – osserva il ricorso – nei dieci anni in cui neppure è riuscito ad ottenere dall’amministrazione il provvedimento della sua rimozione, se non intraprendere un’attività lavorativa? E come avrebbe potuto far valere la falsità del documento, se l’amministrazione neanche gliene metteva in mano una copia? La decisione (del Tar) mostra di non aver compreso i caratteri completamente anomali del procedimento di cui si tratta, nel corso del quale al destinatario della sanzione, la più grave, della rimozione dal corpo di appartenenza, per lunghissimi anni neppure è stato consegnato il provvedimento disciplinare, e quando infine l’ha ottenuto ha dovuto col tempo constatare che si trattava di un falso. A fronte di una tale situazione, ragionare dell’intrapresa di altre attività lavorative come sintomo di accettazione della sanzione significa non saper calare gli istituti giuridici nella realtà, e nella realtà di una situazione contrassegnata da gravissime patologie e distorsioni e dai contorni completamente oscuri”.