In cella per una rapina mai fatta, chiede risarcimento

2 dicembre 2018 | 14:38
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In cella per una rapina mai fatta, chiede risarcimento

Non era per i giudici senza macchia ma con quella rapina e la sparatoria con i vigilantes non c’entrava nulla: ora lo Stato dovrà pure risarcirlo per l’ingiusta detenzione subita per quasi un anno. L’uomo, di origini partenopee, ma attivo in città e privincia, era stato arrestato nel dicembre del 2013 con accuse gravissime.

L’accusa per lui e per altre 5 persone, infatti, era di rapina aggravata e tentato omicidio. Per questa ipotesi era rimasto in carcere ininterrottamente fino a novembre del 2014, poi la scarcerazione e l’anno successivo l’assoluzione, passata in giudicato, per non aver commesso il fatto. L’uomo aveva sempre detto di non avere nulla a che fare con quella rapina e con il conflitto a fuoco e ora la suprema Corte di Cassazione ha stabilito che bisogna risarcirlo e che le motivazioni alla base del rigetto della domanda per il riconoscimento dell’ingiusta detenzione non rispettano la norma in materia. Gli atti sono stati quindi inviati alla corte d’Appello di Firenze che dovrà rivedere le proprie decisioni in merito e procedere con il risarcimento del danno perché il rifiuto precedente non avrebbe tenuto conto, per gli ermellini, e non avrebbe affatto spiegato “l’incidenza causale delle condotte ritenute gravemente colpose sull’applicazione e sul mantenimento del provvedimento restrittivo”. L’uomo infatti era noto alle forze dell’ordine lucchesi per attività di riciclaggio e di spaccio di sostanze stupefacenti, reati per i quali è stato processato e condannato, ma un assalto a un furgone portavalori con tanto di sparatoria sono azioni criminali di ben altra portata. L’uomo era entrato in contatto con alcuni componenti della banda, che realmente ha commesso la rapina, ma in un momento storico successivo al colpo e sempre per attività di riciclaggio di automobili, che era il suo settore, ma il giorno della rapina si trovava a casa sua e aveva fornito anche tutte le prove ai giudici. Da questi avvenimenti l’assoluzione e ora la richiesta di risarcimento per ingiusta detenzione che lo Stato riconosce non in tutti i casi in cui si viene poi assolti ma solo nei casi in cui il comportamento dell’arrestato non abbia minimamente influito con il proprio arresto. In pratica deve trattarsi di un errore vero e proprio nella fase cautelare per poter richiedere poi il risarcimento. E la Cassazione ritiene che in questo caso ci siano gli estremi per l’ingiusta detenzione. La parola passa ora alla corte d’Appello di Firenze che dovrà pronunciarsi nuovamente sul caso.

Vincenzo Brunelli