
Tutti riuniti sotto l’albero e davanti al presepe per un Natale in famiglia o assieme agli amici. Un’immagine rassicurante, pacifica, conciliante e che magari fa rima con una certa vulgata che vuole che a Natale, o comunque per le feste, siamo tutti più buoni.
Ma è evidente che, in quelle stesse tavole così tinteggiate di rosso, la bontà non debba essere il connotato più evidente. Basta vedere la diffusa tendenza, soprattutto sui social network, a inondare di offese, insulti, improperi, insomma di ‘merda’ non solo chiunque la pensi diversamente ma anche chiunque compia un’azione positiva. Anzi chiunque compia una qualsivoglia azione.
È normale che la politica si sia sollevata, e per questo abbia alzato le antenne anche l’opinione pubblica, sulle frasi choc nei confronti del sindaco Alessandro Tambellini ‘reo’ di guidare una giunta che ha approvato una delibera con cui si subordina la concessione di spazi pubblici a chi firma un documento in cui si ripudia fascismo, intolleranza, razzismo e ogni forma di discriminazione. Gli auguri di morte al primo cittadino, peraltro, sono solo la punta di un iceberg rispetto a circa 200 commenti, gran parte dei quali con toni carichi d’odio che travalicano ampiamente la dialettica politica.
Ma sarebbe sbagliato pensare che un tale carico di astio sia dedicato solo alla politica. Ormai non è praticamente più possibile postare sui social una notizia che questa non venga subissata da commenti che vanno dall’ironico al volgare, quando va bene. La celebrazione di una nascita, di una laurea, di un anniversario di matrimonio sono derisi come se pubblicare un lieto annuncio rappresenti una colpa della testata che dà spazio alla celebrazione. Si arriva addirittura ad evocare favoritismi per questo o per quel personaggio, “reo” di aver semplicemente inviato una comunicazione a una testata giornalistica. E non c’è persona che passi indenne dal vaglio degli odiatori di professione. Perché se prima eravamo tutti primi ministri e allenatori della nazionale di calcio oggi, grazie alla rete, siamo diventati anche tutti scienziati, avvocati, fini giuristi, politici e, ovviamente, giornalisti.
Gli argomenti più ‘scomodi’, quelli che scatenano questa massa informe di commentatori che non sentono neanche più la vergogna di nascondere le proprie frustrazioni personali, relazionali e lavorative dietro un nome di fantasia, sono, in particolare, quelli che riguardano l’accoglienza migranti e la politica.
Quello che stupisce è, però, il fatto che questa grande quantità di odio, peraltro moltiplicato dalla presenza di alcuni professionisti della tastiera che si inseriscono praticamente in tutti i thread di informazione presenti sul web, non sia mai in qualche modo contemperata da una pari quantità di commenti positivi, o comunque legati al contenuto del testo e del dibattito. Servirebbe, in questi casi, invece di puntare esclusivamente il dito contro i commenti offensivi, volgari o, a volte, minacciosi, una ‘chiamata alle armi’ per diluire la discussione e riportarla al contesto, isolando così in qualche modo coloro che partecipano alle discussioni solo per distruggere, diffamare, offendere, mistificare, ironizzare pesantemente ma senza mai entrare nel merito.
Lecito e corretto richiamare l’attenzione, quindi, sulla inopportunità e inumanità di chi auspica con semplicità, così come ordinerebbe un macchiato al bar, la morte del proprio avversario politico o semplicemente di qualcuno di cui non condivide le idee. Ma occorre, sempre di più, farsi parte attiva. Creando, così, una cultura della rete che possa riportare un po’ di civiltà in un ambiente che sembra soltanto rispecchiare una società decadente.
A meno che non sia veramente così. E allora è lecito pensare a un futuro delle diverse tonalità del grigio.
Enrico Pace