
Per un ‘ovvero’ ambiguo e soggetto a doppia interpretazione rischia di venire inficiato un vecchio bando per l’assunzione a tempo indeterminato di un lavoratore disabile del Comune di Lucca. Il Consiglio di Stato a cui una partecipante esclusa dalla selezione che risale al 2009 si era rivolta ha infatti accolto il ricorso presentato per impugnare la sentenza del Tar che dava invece ragione all’amministrazione comunale. Ora il Consiglio di Stato, sospendendo la decisione di merito, ha dato 45 giorni di tempo a Palazzo Orsetti per produrre il testo della conferenza unificata a cui il bando di concorso faceva riferimento e il testo della selezione stessa, che appunto è stata oggetto del contendere. Nel frattempo tuttavia è stata riformata, parzialmente, la sentenza di primo grado.
Tutto è nato da una presunta opinabile interpretazione del bando di selezione, soprattutto laddove, almeno per il Comune, esplicitava che oggetto della selezione erano persone diversamente abili che avessero già prestato servizio per almeno due anni per l’amministrazione. Una candidata che non aveva questo requisito fece all’epoca ricorso sostenendo la violazione dell’articolo della conferenza unificata del 16 novembre 2006 (Intesa in materia di diritto al lavoro dei disabili, in attuazione dell’articolo 11 della legge 68 del 1999 e dell’articolo 39 del decreto legislativo 165 del 2001), per cui, stando alla ricorrente, sarebbe stata scorretta la prescrizione, da parte dell’amministrazione, dello svolgimento dell’intera attività pregressa biennale presso il Comune di Lucca.
In primo grado il Comune si era difeso sostenendo l’infondatezza del ricorso. Secondo il Tar la ricorrente avrebbe dovuto proporre ricorso sul requisito finito nel mirino entro i termini fissati dalla procedura del bando, cosa che non era avvenuta. Motivo per il quale il ricorso era stato definito inammissibile.
La donna esclusa dal bando però non si era data per vinta e aveva impugnato la sentenza di primo grado. Secondo la ricorrente, la sentenza era da riformare perché ‘sbagliata’ nel punto in cui era stata affermata l’inequivocabilità della clausola dei due anni di servizio pregressi, cosa che invece ha fatto propria il Consiglio di Stato. Perché secondo i giudici nella formulazione del requisito il Comune avrebbe peccato di ‘ambiguità’, utilizzando la particella ovvero, che può avere significato disgiuntivo nel senso di oppure o congiuntivo, nel senso di ‘vale a dire’. Un equivoco che ha reso per i giudici accoglibile il ricorso della proponente.