
Primi effetti anche a Lucca della recente pronuncia della Corte Costituzionale con la quale è stata dichiarata l’illegittimità costituzionale dell’articolo 73, comma 1, del decreto del Presidente della Repubblica 9 ottobre 1990, numero 309 (il testo unico delle leggi in materia di disciplina degli stupefacenti e sostanze psicotrope, prevenzione, cura e riabilitazione dei relativi stati di tossicodipendenza), nella parte in cui in cui prevede la pena minima edittale della reclusione nella misura di otto anni anziché di sei anni. Almeno dieci i casi che avvocati e magistrati sottoporranno ai giudici per l’esecuzione della pena che porteranno nelle prossime settimane alla scarcerazione di altrettanti imputati.
Dovranno infatti essere ricalcolate le varie condanne emesse nei processi per droga anche dai giudici lucchesi e in circa dieci procedimenti le nuove condanne porteranno alla diretta scarcerazione dei detenuti. In altri casi si tratterà solo di riduzioni di pena o di concessione di benefici e misure alternative. La Corte costituzionale, con sentenza numero 40 depositata l’8 marzo 2019 ha dichiarato illegittimo l’articolo 73, primo comma, del testo unico sugli stupefacenti là dove prevedeva come pena minima edittale la reclusione di otto anni invece che di sei. Rimane inalterata la misura massima della pena, fissata dal legislatore in venti anni di reclusione, applicabile ai fatti più gravi. Eccessiva disparità tra il minimo per i fatti gravi e il massimo per quelli lievi, questo in sostanza il nocciolo della questione che ha portato la Consulta ad abrogare il comma primo della legge sugli stupefacenti. In particolare, la Corte ha rilevato che la differenza di ben quattro anni tra il minimo di pena previsto per la fattispecie ordinaria (otto anni) e il massimo della pena stabilito per quella di lieve entità (quattro anni) costituisce un’anomalia sanzionatoria in contrasto con i principi di eguaglianza, proporzionalità, ragionevolezza (articolo 3 della Costituzione), oltre che con il principio della funzione rieducativa della pena (articolo 27 della Costituzione). Tale disparità di trattamento tra le due norme sanzionatorie non era però frutto di una scelta del legislatore ma è il risultato dell’abrogazione della precedente disciplina da parte della Consulta. La Corte ha concluso, infine, osservando che la misura sanzionatoria indicata, non costituendo una opzione costituzionalmente obbligata, resta soggetta a un diverso apprezzamento da parte del legislatore sempre nel rispetto del principio di proporzionalità.
Vincenzo Brunelli