Maxi evasione fiscale, guai per tre noti scultori

25 luglio 2019 | 08:07
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Maxi evasione fiscale, guai per tre noti scultori

Una maxi evasione fiscale contestata a tre noti scultori ‘adottati’ dalla Versilia. E’ quanto hanno ipotizzato i militari della guardia di finanza di Viareggio, a seguito di un’intensa attività di analisi sviluppata sul territorio versiliese.
Le indagini, condotte dalle Fiamme Gialle viareggine in un periodo di circa due anni, a partire dal 2017 fino al mese di giugno scorso, hanno visto concludere ben quattro verifiche fiscali ed un controllo nei confronti di soggetti completamente sconosciuti al fisco, dediti alla realizzazione di sculture in bronzo ed in marmo.

In particolare, l’operazione di servizio, denominata Michelangelo, ha avuto origine dall’individuazione di un artista di fama internazionale che, avendo fissato la propria residenza in Versilia, vi operava da anni servendosi delle più note fonderie artistiche e di esperti artigiani della zona, per la creazione di sculture di grandi dimensioni esposte, oltre che nelle gallerie d’arte della zona e per le vie dei principali centri urbani, anche in molte capitali europee.
I militari hanno avviato una verifica fiscale nei confronti dello scultore e, successivamente, un controllo nei confronti di una delle più note fonderie artistiche versiliesi, dal quale sono stati rilevati i nominativi di altri importanti artisti loro clienti. L’analisi delle posizioni fiscali dei maestri ha permesso di individuarne tre, di fama internazionale, principalmente dediti alla scultura, che creano abitualmente le loro opere nell’importante polo artistico versiliese.
Le conseguenti ispezioni hanno permesso di ipotizzare, in due casi, un radicamento diretto sul territorio, perciò è stata contestata l’esistenza di una base fissa in Italia, procedendo a recuperare a tassazione i proventi della vendita sul territorio nazionale delle opere d’arte. Nell’altro caso, lo scultore straniero è stato accusato di operare in Italia per il tramite di una società a lui riconducibile, pertanto alla società italiana sono stati contestati costi non deducibili e rettificati i valori delle rimanenze finali delle opere d’arte, con conseguente aumento del reddito imponibile.
Complessivamente, l’operazione ha permesso di constatare, ai fini dell’imposizione diretta, compensi di lavoro autonomo sottratti a tassazione per quasi 6 milioni di euro ed Iva non versata per oltre 350 mila euro.