Tratta di immigrati dai paesi asiatici a Lucca, scattano gli arresti: stranieri nascosti tra la merce nei camion
Il capo dell’organizzazione è il fratello di uno dei due presunti assassini dell’ex militare ucciso in via Galli Tassi
Trasportavano illegalmente decine di immigrati provenienti da paesi asiatici (Sri Lanka e Bangladesh) sulla rotta Romania – Ungheria – Italia, stipandoli come se fossero oggetti tra la merce caricata a bordo di tir e camion: in nove sono finiti in manette nell’ambito dell’Operazione Lucca, con accuse che vanno dal favoreggiamento dell’immigrazione clandestina all’estorsione. Sei sono cittadini dello Sri Lanka e tre sono rumeni: l’ordinanza del gip del tribunale di Firenze si è tradotta negli arresti portati a compimento tra Lucca e il nord Italia.
Una vera e propria tratta di esseri umani, gestita dalla gang cui viene contestata anche l’aggravante dell’associazione a delinquere, con costi per il trasporto che andavano dai 3500 fino ai 7000 euro. Chi non poteva pagare veniva trattenuto anche per giorni in un casolare a Monza Brianza e, soltanto quando le famiglie versavano il dovuto su conti bancari intestati in Sri Lanka, si procedeva a rilasciarli.
Un’attività complessa, che vedeva la sua mente operativa nella città murata, il luogo in cui risiede da anni quello che la polizia ritiene capo di questa operazione, Fernando Saman Priyantha Porutotage, fratello di uno dei due arrestati per l’omicidio di Roshan Silva Kalukankanamalage, l’ex militare 50enne massacrato nel suo appartamento di via Galli Tassi dai suoi due coinquilini il 17 aprile scorso. Un legame che è emerso dalle indagini effettuate da parte degli inquirenti sui familiari dei due arrestati per l’efferato delitto. Porutotage è stato arrestato sabato scorso nella sua abitazione a Lucca: l’uomo ha precedenti penali per reati della stessa natura (risalenti al 2005, ndr), che hanno consentito alla polizia di stringere il cerchio, come ha spiegato stamani (20 dicembre) il commissario capo della squadra mobile di Lucca, Silvia Cascino.
La polizia di Stato, coordinata dalla direzione distrettuale antimafia di Firenze, ha portato a termine l’operazione che era iniziata il 14 dicembre. Gli inquirenti hanno ricostruito l’intera rete operativa e le modalità utilizzate: il primo contatto, secondo gli inquirenti, avveniva con le famiglie degli stranieri, oppure con chi voleva essere trasportato in prima persona. Questi ultimi si recavano in aereo in Romania, da dove partivano – rannicchiati anche per dodici ore di seguito in condizioni estreme – nascosti all’interno di camion che trasportavano infissi in Italia. Sempre a Lucca, in questo senso, è stato arrestato sabato scorso Christian Mircea, il vero e proprio braccio destro di Porutotage, con precedenti per reati contro il patrimonio e favoreggiamento della prostituzione. Era lui a tenere i contatti ed a organizzare accoglienza e spostamento dei cingalesi in Romania. Il sodalizio aveva ramificazioni che si espandevano a tutto il nord Italia, con particolare riferimento a Milano.
Il referente per la Lombardia era, secondo la polizia, Fernando Nishantha Rathugamage, 53 anni, anche lui cingalese, arrestato sabato scorso nel capoluogo con la collaborazione della squadra mobile di Milano. Con lui agivano per l’accusa anche Liyana Arachchige Pradeep Mangala (33 anni, originario dello Sri Lanka), Wijayawardana Prabhath Suchinta di 47 anni e Sandaradura Thilak Anuruddha Silva, 41 anni. A Monza è stato invece arrestato Herath Mudiyanselage Manoj Dilantha.
In manette anche i due “camionisti” della gang, che cambiavano sempre percorsi e veicoli: a Cherasco, in provincia di Cuneo, è stato arrestato l’autotrasportatore incaricato di condurre illegalmente in Italia in Italia i cingalesi che passavano dalla Romania: si tratta, secondo l’accusa, del trentaseienne rumeno Vasile Aurel Olarean. L’uomo era peraltro già stato arrestato dalla squadra mobile di Lucca in collaborazione con la polizia di frontiera l’8 settembre scorso, sempre per favoreggiamento dell’immigrazione clandestina: a bordo del suo Fiat Ducato telonato con targa polacca erano stipati tra gli infissi, regolarmente trasportati in Italia sette clandestini del Bangladesh e dello Sri Lanka, tra cui tre donne.
Domenica scorsa per lui è scattata la misura cautelare della custodia in carcere per altri episodi analoghi a quello dell’8 settembre.
L’altro autista, inizialmente sfuggito all’arresto perché aveva cambiato il percorso inizialmente previsto, è finito in manette ieri: si tratta del rumeno Ionut Nicusor Popescu. Anche lui trasportava, sempre stando agli inquirenti, clandestini all’interno del furgone contenente infissi della ditta della moglie.
Nel corso dei viaggi intrapresi da luglio a ottobre sono stati trasportati 60 clandestini, stando a quanto finora ricostruito dagli investigatori. Un dato che induce a riflettere: “Questa è una modalità – commenta il commissario Cascino – che ci ha fatto scoprire l’esistenza di reti parallele anche in Ungheria e Slovenia. Parliamo di un numero di ingressi che potrebbe anche essere superiore, se emergesse nella sua interezza, a quello degli sbarchi”.
Per l’accusa, il capo banda si sarebbe recato frequentemente nel casolare di Monza Brianza per assicurarsi che alcuni stranieri non in regola che aveva particolarmente a cuore fossero trattati bene, mentre secondo gli inquirenti assumeva atteggiamenti violenti e minacciosi nei confronti di chi non aveva ancora pagato il viaggio.
Questo avveniva, è sostenuto dagli inquirenti, anche perché i trasporti venivano spesso procrastinati a causa delle condizioni meteo.
Di conseguenza i malcapitati erano costretti a pagarsi la permanenza extra in Romania. Dalle indagini è emerso che i trasportati avrebbero ricevuto istruzioni accurate: non potevano mangiare, parlare o usare i cellulari. Alcuni, sfiniti, venivano meno alle indicazioni telefonando ai parenti per chiedere aiuto, in modo che l’autista si fermasse.
Una circostanza che non si verificava perché gli autotrasportatori – che guadagnavano circa 800 euro a persona – erano l’anello della catena sottoposto al maggior rischio. Nascosti tra la merce trasportata, attraversando l’Ungheria e la Slovenia arrivavano – sempre secondo la ricostruzione dell’accusa – alla frontiera terrestre di Gorizia e, da lì, a Milano e Verona. Una volta giunti in Italia si spostavano quindi in altre regioni, tra cui la Toscana. Le vittime, prevalentemente uomini, si dichiaravano quindi richiedenti asilo. In alcuni casi, pagando una somma extra, si assicuravano il transito in Francia attraverso Ventimiglia.
Un plauso e grande soddisfazione per questa complessa operazione sono stati espressi dal questore di Lucca, Maurizio Dalle Mura.