Cosa fare nei tribunali per i dipendenti? Lettera al ministro dei procuratori generali

13 marzo 2020 | 12:07
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Cosa fare nei tribunali per i dipendenti? Lettera al ministro dei procuratori generali

L’esigenza è di concordare le misure da adottare in maniera sinergica e senza iniziative dei singoli uffici

I procuratori generali delle varie corti d’appello scrivono al ministro per interventi riguardanti i dipendenti dei tribunali chiedendo di poter modulare il lavoro in modo da ridurre al minimo indispensabile i rischi di contagio in giorni di blocco udienze e altri provvedimenti già adottati per contrastare l’emergenza coronavirus.

Tra i firmatari anche il procuratore generale della corte d’Appello di Firenze con l’accordo di tutti i vari procuratori toscani tra cui Lucca. Alla base delle motivazioni che hanno spinto i procuratori generali ad assumere un’iniziativa così importante la preoccupazione per la salute dei dipendenti e l’esigenza di concordare le misure da adottare in maniera sinergica e senza iniziative dei singoli uffici.

Questo il testo intergale della missiva urgente inviata oggi al ministro Bonafede: “La nostra preoccupazione riguarda il personale amministrativo in servizio negli uffici giudiziari, che guarda a noi e ai dirigenti amministrativi e attende una risposta che dia garanzie quanto all’esposizione ai rischi di contagio e all’impiego quotidiano. Le disposizioni normative (segnatamente l’ultimo decreto legge) hanno ridotto a pochissime attività quello che è l’ordinario lavoro delle procure generali, delle procure della Repubblica e degli stessi uffici giudicanti. Sicché, esponiamo — ogni giorno — un elevatissimo numero di persone all’obbligo di recarsi in ufficio a fronte di un’attività veramente minima. E, parimenti, le esponiamo a tutti i rischi connessi agli spostamenti al e dal luogo di lavoro, oltre che alla “coabitazione” (non sempre in condizioni ottimali, quanto alla precauzione sanitaria) in uffici spesso inadeguati”.

“Come le è noto – prosegue la lettera al ministro – gli unici strumenti che abbiamo a disposizione per poter “decrementare” la presenza di quelle persone negli uffici è una sorta di “moral suasion” affinché utilizzino periodi di congedo o i cosiddetti riposi compensativi, congedi straordinari o qualche altra forma di assenza volontaria. Queste misure hanno però esaurito la spinta propulsiva. Esse sono molto gravose per il personale, che dovrebbe ipotecare future possibilità di fruizione per esigenze personali e familiari; e non possono essere imposte. Condividiamo l’accorato appello che è stato formulato dalla associazione dei dirigenti giudiziari, poiché chiediamo esattamente lo stesso tipo di intervento e di iniziativa da parte sua, quale membro del gabinetto, del governo, anche con decretazione di urgenza. Non si tratta affatto di mandare tutti a casa, come se l’attività giudiziaria fosse “paralizzata” o non avessimo ben presente il problema delle urgenze o deIl’arretrato nel Iavoro dei nostri uffici: si tratta solo di poter “modulare”, con strumenti agili (e non penalizzanti per il personale), le presenze e di evitare di esporre al pericolo del contagio, indistintamente, tutta la popolazione appartenente a quella categoria”.

Si tratta anche di evitare, anche ad emergenza finita – conclude la lettera al ministro – di dover pagare il duro prezzo delle assenze che inevitabilmente vi saranno se continueremo a mantenere tutti esposti al rischio. Va aggiunto che gli strumenti per il Iavoro da remoto (o “lavoro agile”) sono molto limitati (anche per ragioni di sicurezza della rete e dei dati) e che, ancora una volta, porremmo il personale di fronte alla disparità di trattamento con i magistrati, che hanno una disciplina lavorativa più elastica e per i quali è molto più semplice (e già lo stiamo attuando) realizzare programmi di lavoro da svolgere standosene, al sicuro, a casa. Né appare razionale che la soluzione sia ricercata dai singoli uffici, in una sorta di “autogestione”, che già sta creando un mosaico disordinato di iniziative e soluzioni, ancora più ingiusto del nulla. Chiediamo, signor ministro, un suo autorevole e risolutivo intervento e le chiediamo anche di volerci “virtualmente” ricevere urgentemente in una conference call con lei, per la quale ci dichiariamo pronti in ogni momento”.