L’attore Brinzi: “Per chi lavora nello spettacolo è una tragedia”

L’artista lucchese denuncia: “Un trattamento ingiusto per l’intera categoria”
“La situazione di chi lavora nel mondo dello spettacolo è tragica”. Lo dice Marco Brinzi, il noto attore lucchese, che parla di come il settore sta subendo il forte contraccolpo della pandemia di coronavirus.
In ginocchio c’è l’intera categoria dello spettacolo e gli attori stanno subendo quella che ritengono “una delle più gravi ingiustizie avvenute nel settore lavorativo”. Molti di loro sono stati licenziati in tronco e si trovano nell’impossibilità di aver accesso ai sussidi dello Stato per la disoccupazione, ma non solo: non potranno nemmeno accedere ai 600 euro di bonus previsti dal decreto Cura Italia.
“Purtroppo la situazione in cui i lavoratori dello spettacolo si trovano, parlo per quanto riguarda la mia categoria cioè gli attori, è tragica – dice Marco Brinzi, noto attore lucchese – E’ avvenuta una pessima applicazione dell’articolo 19 del contratto nazionale per i lavoratori che erano stati assunti. Nei contratti in essere che tanti di noi attori avevamo, è stato specificato, data la causa di forza maggiore, che l’impresa non avrebbe dovuto corrispondere alcun contributo. Molti teatri nazionali, o enti lirici si sono chiusi escludendo tutti coloro che non ritengono essere dipendenti fissi, garantendo invece a questi ultimi delle integrazioni o degli ammortizzatori. Proprio alcuni teatri nazionali che vivono con finanziamenti pubblici avrebbero dovuto dare il buono esempio, ma è accaduto tutto il contrario”.
Per capire come si è potuti giungere a tutto questo occorre fare qualche passo indietro. Il 24 febbraio, a pochi giorni dall’inizio dell’emergenza, Agis manda una comunicazione ai soci in cui interpreta l’articolo 19 del contratto nazionale teatri e personale artistico (contratto nazionale collettivo di lavoro del 19 aprile, 2018) applicando il comma relativo alle cause di forza maggiore che stabilisce: che “qualora il teatro dovesse rimanere chiuso per cause di forza maggiore, l’impresa dovrà corrispondere allo scritturato un compenso giornaliero non inferiore a quello minimo contrattuale per un periodo non superiore a 12 giorni. Allo scadere del termine di cui sopra, sempre ché perduri la causa di forza maggiore, ciascuna delle parti contraenti avrà la facoltà di chiedere la risoluzione del contratto”.
Quindi allo scadere del tredicesimo giorno il lavoratore può essere licenziato. I sindacati e la categoria contestano l’applicazione di questo comma e trovano invece più adeguato alla situazione il comma relativo alla chiusura dell’attività da parte della pubblica autorità:
“Qualora gli spettacoli siano sospesi con provvedimento della pubblica autorità, l’impresa – si legge – dovrà corrispondere allo scritturato il compenso minimo previsto dal presente contratto per un periodo massimo di 5 giorni (…) . Decorso tale termine riprenderà in ogni caso la corresponsione del normale compenso”. In cui è previsto il pagamento del corrispettivo e nessuna risoluzione del contratto.
Marco Brinzi ha pubblicato nel suo profilo un post in cui denuncia questo ingiusto trattamento nei confronti della sua categoria e in sostegno dei colleghi: “Il sindacato Slc Cgil ha più volte sollevato il problema dei licenziamenti in tronco avvenuti in alcuni teatri – prosegue Marco Brinzi –. Così come, sempre grazie al sindacato, è stato ovviamente segnalata la mala interpretazione dell’articolo 19 del contratto nazionale. Fino ad oggi, il Ministero del lavoro non ha dato nessuna risposta. Questa situazione è molto triste per chi fa un mestiere, un lavoro che non viene considerato come tale, che inoltre non trova menzione nelle categorie che hanno accesso ad un sostegno statale. Tanti di noi attori non potranno accedere al così detto decreto Cura Italia per il bonus 600 euro”.
“L’esclusione di molti attori dalla richiesta di indennizzo – spiega – è dovuta alle date vincolanti che sanciscono o meno la possibilità di accedere al contributo in base all’avvio o la conclusione del rapporto lavorativo. Per potervi accedere si dovrebbe abbassare la soglia dei 30 giorni lavorativi, non perché il lavoro non venga svolto per almeno 30 giorni in un intero anno, ma perché gli artisti svolgono anche mansioni di insegnamento che però sono conteggiate in gestione separata . A causa di ciò tantissimi dei miei colleghi non potranno accedervi. In sintesi non siamo minimamente riconosciuti come lavoratori da parte dello Stato”.
Alcuni rappresentanti della categoria in questo periodo si stanno organizzando per cambiare le sorti del settore e accordarsi sulla battaglia da intraprendere per farsi riconoscere i loro diritti:
“In questi ultimi tempi sono nati diversi gruppi sui social network in cui si sta ripensando, alle tutele per la categoria degli attori in un immediato futuro, tutele sia dal punto di vista legale sia dal punto di vista artistico – aggiunge Marco – Questa è una cosa positiva, ma quello che mi stupisce è che nessuno del Ministero abbia pensato che la cultura e gli attori in particolare non hanno una dignità della loro funzione sociale. È ovvio che adesso bisogna dare la priorità a chi si occupa di sanità o alle imprese, all’economia che dovrà ripartire – prosegue – Ma in tutto questo si è dato per scontato che il mondo dei lavoratori della cultura e dello spettacolo nello specifico, scelgono questo mestiere solo per gioco o tanto per intrattenere. È in realtà un lavoro e come tale deve essere riconosciuto e rispettato anche dal punto di vista legale e sociale”.
La situazione a Lucca per il settore spettacolo non era comunque rosea già prima dell’arrivo di questa emergenza: “Purtroppo non vivendo più a Lucca non ho chiara la situazione di colleghi del mondo dello spettacolo che lavorano lì, ma credo che adesso siamo tutti nella stessa tragica la situazione. Trovo molto interessante quello che il Teatro del Giglio ha proposto sulle sue pagine Facebook, cioè la lettura di alcuni racconti fatti da volontari. Credo che sia un segno positivo da parte di un teatro. Io personalmente ho scelto di non fare dirette streaming per adesso, perché credo sia giusto riflettere e studiare per il futuro in questo momento di isolamento. Non sento il bisogno di fare dei video recitando qualcosa tanto per avere dei like sul mio profilo Facebook, non credo che sia quello il teatro che amo e non credo tanto meno che sia una forma d’arte farlo su Facebook”.
Marco Brinzi ha comunque alcuni progetti in via di realizzazione e uno di questi potrebbe arrivare a breve: “Sto pensando di realizzare una lettura podcast radiofonica di 5 minuti per celebrare il 25 aprile, che è una data significativa per la nostra nazione che porta dentro di sé un bellissimo termine “liberazione”. Il progetto vuole coinvolgere la Casa della Memoria di Lucca sede anche della Liberation route, e il testo letto sarebbe Il mondo è una prigione di Guglielmo Petroni. Un titolo quanto mai evocativo in questo periodo. Il progetto è ancora in fase di studio”.