Inchiesta sull’urbanistica, Chiari dopo l’assoluzione: “Chi ha sbagliato deve pagare”

24 luglio 2020 | 11:16
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Inchiesta sull’urbanistica, Chiari dopo l’assoluzione: “Chi ha sbagliato deve pagare”

Lettera aperta dell’ex assessore che finì anche in carcere: “Nessuno mi potrà restituire questi dieci anni di vita, ma agirò in sede civile e penale contro Pm e Gip”

Rigettato il ricorso in Cassazione per l’inchiesta Volpe nel deserto, uno degli ex indagati, Marco Chiari, si sfoga con una lettera aperta.

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Amarezza e disgusto – scrive – queste sono le mie prime reazioni alla sentenza definitiva della Cassazione che ha assolto tutte le persone coinvolte nella famosa operazione che mi portò in carcere nel 2011. Per fortuna la giustizia, quella rappresentata da magistrati corretti e “per bene”, funziona, anche se sono serviti 9 lunghi anni per mettere la parola fine a questa assurda vicenda, costruita sul nulla dai magistrati Origlio, Pm e Silvestri, Gip”.

Ricordo ancora i giorni trascorsi in carcere – dice Chiari – ricordo i lenzuoli appesi per le strade, le persone che ti guardavano come tu fossi il più grande dei delinquenti, ricordo ancora gli interrogatori, le impronte digitali prese nella caserma dei carabinieri e le foto segnaletiche, ricordo ancora quando fui rinchiuso nella gabbia di ferro nel cellulare della polizia penitenziaria, ricordo ancora gli anni passati senza avere un euro in tasca per poter prendere un caffè a seguito del sequestro protratto per volontà del giudice per quasi cinque anni. Ricordo ancora le case che avevo all’Elba vendute all’asta a seguito dei sequestri (non avevo liberi i soldi per pagare il mutuo), ricordo ancora – e le porto ancora sulla mia pelle – le porte di ferro e le inferriate del carcere che si chiudono e si aprono con un rumore assordante; ricordo ancora quando in carcere mi lavavo le cose personali appendendole per asciugare alle graticole delle finestre, ricordo ancora l’uomo algerino e l’altro senegalese che condividevano con me la cella, ricordo ancora quando la moglie e le figlie venivano a trovarmi nel parlatorio”.

“Ricordo ancora le lacrime – prosegue Chiari – che in momenti di sconforto ho versato in quei lunghi, interminabili giorni di carcerazione chiedendomi cosa ci stavo a fare lì dentro, ricordo ancora quando, spogliato in una stanza, mi sentii umiliato nel mostrarmi nudo alle guardie carcerarie, ricordo ancora quando mi furono levate le stringhe delle scarpe perché più lunghe di 20 centimetri. Ricordo ancora tutto quello che ho passato in quel terribile periodo come non posso dimenticare gli anni che sono seguiti”.

“Anni di sequestri – ricorda – unico tra tutti gli imputati, che mi porto ancora dietro con contenziosi con Agenzia delle entrate, pagamenti non effettuati, una vita professionale e personale distrutta in un secondo da un magistrato, forse politicizzato e di sinistra. Oggi, 24 luglio, dal solo punto di vista giudiziario, è tutto finito come se nulla fosse successo. Ma gli indelebili ricordi di quel periodo non si cancellano e chi sbagliò deve pagare, fosse l’ultimo obiettivo che perseguirò nella mia vita. Il pm e il Gip dovranno risponderne di fronte alla giustizia perché il sottoscritto, vista la pietra tombale che ieri è stata posta a chiusura della vicenda, agirà nei loro confronti per dolo, colpa grave ed abuso di potere, sia in sede penale sia in sede civile“.

“Se non sono totalmente privi di coscienza – prosegue lo sfogo – dovranno andare davanti ad un giudice in un’aula del tribunale; dovranno, spero, pagare di tasca propria i danni arrecati. Richiederò, tramite il mio legale, anche al Consiglio superiore della magistratura di prendere provvedimenti contro di loro, perché se giustizia deve essere fatta, questo vale anche nei confronti di magistrati che sbagliano. Anche se nulla e nessuno potrà mai restituire a tutti noi questi dieci anni di vita”.