Coronavirus, il direttore del dipartimento di prevenzione: “Non ci sono le condizioni per un lockdown generale, ma bisogna rispettare le regole”

Alberto Tomasi è tornato al lavoro per contribuire ad affrontare l’emergenza: “Nei luoghi chiusi il rischio maggiore di infezione. Importante vaccinarsi per l’influenza”
“Non ci sono le condizioni per un secondo lockdown generale. Alla situazione attuale dei fatti, sarebbe ingiustificato”. A parlare è Alberto Tomasi, direttore del dipartimento di prevenzione dell’Usl Toscana Nord Ovest, rientrato in servizio a marzo per fronteggiare l’emergenza sanitaria e dare il proprio contributo alla sanità pubblica.
Ospedali, medici e infermieri, intanto, sono in prima linea contro il Covid insieme a ricercatori e scienziati, al lavoro per il vaccino. “Ma ci vorrà ancora del tempo. La realizzazione di un vaccino prevede una serie di controlli in più fasi, e soprattutto molte prove sull’uomo per testarne l’efficacia e la non pericolosità – spiega Tomasi – L’unica cosa che possiamo fare in questo momento è rispettare le regole”.
Sono tre, e le abbiamo imparate ad applicare automaticamente. Lavarsi le mani, mantenere la distanza e portare la mascherina sono abitudini che fanno parte della nostra vita quotidiana: “Soprattutto adesso, con il sopraggiungere dell’inverno, non possiamo abbandonarle. È la stagione peggiore per le malattie respiratorie, l’influenza e le epidemie perché il freddo indebolisce i polmoni e tendiamo a stare maggiormente nei luoghi chiusi, aumentando la prossimità reciproca. In poche parole, più gente vicina, stipata al chiuso in luoghi caldi: principali alleate del Covid-19, sono proprio queste le situazioni che il nuovo decreto tende a disincentivare. Un provvedimento che reputo adeguato”.
In vigore da mercoledì (14 ottobre), fra le varie misure il nuovo Dpcm stabilisce la chiusura dei locali alle 24, vietando la sosta e la consumazione nei loro pressi in piedi all’aperto oltre le 21. Una sferzata alla movida e a bar, ristoranti e locali, in particolare se in assenza di un ampio spazio interno per accogliere il cliente al tavolo. C’è poi la questione degli assembramenti in casa: che oltre le 6 persone, sono caldamente sconsigliati. Se poi i presenti non rientrano nella casistica di ‘famigliari conviventi’, si raccomandano mascherina e distanza.
“È nei luoghi chiusi il rischio maggiore d’infezione. Per questo sono d’accordo con le nuove misure governative, che intervengono proprio sugli assembramenti all’interno, da tutti preferiti con l’abbassamento delle temperature. Di conseguenza, servono provvedimenti che limitino l’aggregazione di troppe persone nelle stesse stanze, che siano quelle di un locale, un ristorante o una tavola apparecchiata in una casa: il luogo dove avvengono il maggior numero di contagi – sottolinea il direttore – Per questo, se si vive con anziani o malati, è opportuno tenersi sempre la mascherina e mantenere la distanza. O comunque, entrarvi in contatto il meno possibile: sono le principali accortezze da avere per proteggere i più deboli”.
Le principali, ma non le uniche. Nell’attesa del vaccino contro il Covid-19, c’è un’altra raccomandazione fondamentale da seguire: “Fare i vaccini dell’influenza la cui distribuzione è iniziata da poco anche fra i medici di base. Perché aumentano le nostre difese immunitarie, migliorando le risposte dell’organismo al freddo e alle malattie respiratorie ad esso legate: compresa la polmonite virale da coronavirus”.
“Un virus rispetto a cui oggi non sappiamo soltanto come prevenirci, ma anche come intervenire – prosegue – L’esperienza ci ha insegnato l’efficacia degli antivirali, del cortisone e degli antitrombotici: tutti farmaci che aiutano molto nella gestione del malato, la cui età è scesa da una media di 80 anni a quella di 40. Un dato confortante, tenendo conto che l’età e la compresenza di altre patologie incidono fortemente sulla mortalità da Covid. Meno confortante è invece l’attuale aumento dei contagi: siamo sempre molto lontani dalla situazione della scorsa primavera, con un sistema delle terapie intensive che per ora in Toscana regge. Ma i posti letto occupati sono in aumento, per un totale di 51 pazienti: il 10% in più rispetto a ieri – osserva – Un eventuale secondo lockdown? Bisogna vedere come si evolve la curva dei positivi, ma per ora non mi sembra giustificato dai fatti e dalla gravità della situazione: più che di seconda ondata, infatti, parlerei di andamento dell’epidemia durante la stagione invernale. Giustificate e necessarie sono invece le nuove norme che incentivano il rispetto delle tre regole: lavarsi le mani, mantenere la distanza di almeno un metro e mezzo e l’utilizzo della mascherina, applicate in particolare agli ambienti chiusi. Fra cui, le scuole”.
Al centro del dibattito politico odierno, il sistema scolastico italiano, fra polemiche e paure, a settembre ha ripreso a funzionare. Tanta la voglia di ritornare fra i banchi degli alunni, che però varcata la soglia dell’istituto, si sono confrontati con una realtà diversa dal passato: la cui parola d’ordine è ‘distanziamento’. Fra i banchi, nei corridoi, all’entrata e uscita da scuola, durante l’ora di educazione fisica. Fra entusiasmo smorzato e classi in quarantena nell’attesa dei risultati di un tampone, prosegue l’anno scolastico: “Il sistema dei tamponi è molto migliorato anche nei tempi e nelle risposte. Inoltre, stiamo attendendo l’arrivo di quelli più veloci, i cosiddetti ‘tamponi rapidi’, da mettere a disposizione in particolare alle scuole proprio per evitare l’impasse del sistema. Poiché utilizzano la saliva, sono meno fastidiosi e più comodi rispetto agli attuali tamponi. Ma soprattutto, più veloci nel risultato, disponibile prima di 24 ore. Inoltre – continua Tomasi – la regione ha disposto dei medici proprio per le scuole: la cosiddetta ‘medicina scolastica’, a supporto delle direzioni degli istituti per tenere sotto controllo la situazione”.
“Saranno medici inviati dal dipartimento – spiega Tomasi – in aiuto al personale scolastico, per studiare i sintomi degli alunni in isolamento e valutare in caso di positività chi fra compagni e insegnanti sottoporre al tampone. Si occuperanno insomma di tutta una serie di interventi mirati a diminuire le criticità nel mondo della scuola, garantendone il migliore funzionamento possibile”.
Criticità che investono anche un altro mondo: quello dello sport. E a pagarne il prezzo maggiore sono soprattutto i giochi di squadra: insieme al divieto delle gite scolastiche, con il nuovo Dpcm torna infatti lo stop agli sport da contatto a livello amatoriale, come il calcetto. Negli stadi, poi, il limite massimo all’aperto è stabilito a 1000 persone, 200 al chiuso. Tuttavia “non ci si contagia giocando a pallone. Il rischio non è legato all’attività sportiva in sé, ma alla condivisione di momenti rischiosi in situazioni al chiuso, come gli spogliatoi – conclude l’esperto – Il mondo dello sport risente negativamente non di se stesso, ma dei comportamenti individuali non legati all’attività fisica in senso stretto. Occorre sensibilizzare gli sportivi ad avere comportamenti corretti”.