L'appello

La richiesta della sindaca Baracchini: “L’ospedale di Pontremoli torni no Covid”

8 novembre 2020 | 16:55
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La richiesta della sindaca Baracchini: “L’ospedale di Pontremoli torni no Covid”

Il primo cittadino: “È doveroso un ripensamento, il nostro ospedale non è infatti in grado oggi di gestire pazienti contagiati”

“L’ospedale di Pontremoli torni no Covid”

È la richiesta di Lucia Baracchini, sindaca della cittadina della Lunigiana, in provincia di Massa Carrara, che si dice “rammaricata e preoccupata delle scelte della Regione e dall’Asl circa la destinazione da dare all’ospedale di Pontremoli in questa fase di emergenza Covid”.

Una preoccupazione anche, e soprattutto, per le conseguenze che potrebbero determinare.

“Ieri – spiega sulla pagina del Comune la prima cittadina – infatti, dopo che nei giorni scorsi si erano susseguite sul tema alcune telefonate interlocutorie con l’Asl e, sostanzialmente, si attendeva il confronto tra quest’ultima ed i sindaci interessati, ho saputo invece che la decisione era già presa, che gli allestimenti erano in corso e che i trasferimenti dei pazienti sarebbero seguiti a breve. Così è avvenuto o sta avvenendo. Credo che agire in questo modo non solo non sia corretto, ma crei rabbia e confusione tra personale sanitario e cittadini”.

Per la sindaca è “doveroso un urgente ripensamento” e per questo motivo si è rivolta direttamente al neo assessore regionale, sperando in un suo fattivo intervento.

“Per ragioni evidenti – spiega – il nostro ospedale non è infatti in grado oggi di gestire pazienti Covid e non si capisce come mai l’azienda Asl, che ne è ben consapevole, non scelga nuovamente la distribuzione delle competenze tra presidi operata qualche mese fa, dimostratasi molto più funzionale agli immobili che ha a disposizione.  A Pontremoli, i reparti di medicina e di rianimazione dove andrebbero alloggiati i Covid (e non solo quelli) sono obsoleti anche per malati no Covid. I sistemi di ricircolo dell’aria non esistono. I percorsi interni non possono garantire alcuna sicurezza, così come i tentativi posticci di dividere ‘zone sporche’ da zone pulite’. Persino gli spazi dedicati agli spogliatoi ed ai bagni per il personale sono eccezionalmente angusti ed inadatti”.

“Ci sono poi tutti i rischi legati ai necessari transiti dei pazienti da e per i reparti di pronto soccorso e radiologia (le conseguenti sanificazioni), nonché quelli inerenti l’utilizzo degli ascensori (pochi, piccoli, vecchi e mal collocati rispetto alle esigenze di un momento come questo). Èdavvero difficile immaginare che le cose possano svolgersi ad un livello di efficienza e di sicurezza accettabile. Senza contare, poi, che le visite ambulatoriali saranno interrotte, così come si inciderà sensibilmente su altri servizi ordinari e sulla chirurgia di elezione“.

“Infine – conclude – è ben chiaro a tutti che una situazione di tale precarietà e di altissimo rischio potrà a breve incidere negativamente persino sulle attività oncologiche, sulla dialisi, sulla donazione del sangue e quant’altro.
Insomma, uno scenario per il quale è complicato accettare una decisione del genere, ancora una volta mortificante per addetti ospedalieri e popolazione. Tanto più se si riflette sul come e sul perché si è arrivati ad avere ancora oggi un presidio ospedaliero così fragile e vulnerabile. Mi auguro quindi che il nuovo responsabile della sanità toscana, prima che si debbano contare i danni, voglia prendere una posizione netta e consapevole, disponendo di tornare indietro”.