I bimbi viareggini in tempo di pandemia, senza scuola, amici e affetti cari: “Ci siamo anche noi”

16 marzo 2021 | 07:59
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I bimbi viareggini in tempo di pandemia, senza scuola, amici e affetti cari: “Ci siamo anche noi”

Il grido d’allarme di un gruppo di genitori di Viareggio: “A pagarne amaramente il prezzo c’è un esercito silenzioso la cui voce non viene ascoltata”

“Ci siamo anche noi. Viareggio è tornata ad essere zona rossa e a farne le spese non sono solo i lavoratori e le persone coinvolte nelle attività produttive, a pagarne amaramente il prezzo c’è un esercito silenzioso o, meglio, un esercito che una voce ce l’ha, una voce fresca ed argentina che non sa come alzarsi se non, alle volte, in pianto, ma è una voce che troppo spesso non viene ascoltata: è quella dei bambini e delle bambine”.

Il grido d’allarme arriva da un numeroso gruppo apartitico nato spontaneamente in questi ultimi giorni, composto di genitori a cui piange il cuore nel vedere i propri figli, le proprie figlie, crescere sempre più annoiati della vita stessa, privati di molti degli stimoli a loro necessari, e senza terreno fertile per far volare alte le fantasie e i sogni. “Auspichiamo  – spiegano – di riuscire a diventare un movimento vero e proprio a cui possa unirsi qualsiasi genitore che abbia voglia di lottare affinché i diritti dei figli vengano rispettati ed affinché si torni al più presto ad una scuola in presenza”.

“Tra le categorie più colpite da questa pandemia ci sono proprio loro – aggiungono –  Un esercito che ha imparato ad usare mascherine e disinfettante, a non giocare per strada, a non avvicinarsi ai coetanei, a non dividere la merenda, a non condividere giochi, penne, colori. Un esercito che ha imparato a non correre per non sudare per non rischiare di avere il raffreddore.Un esercito che deve stare lontano dagli anziani, sottrarsi ai baci e alle carezze dei nonni, ma, così facendo, anche dai racconti e dalla memoria. Sono i bambini che, ordinati ed ubbidienti, entrano a scuola in fila facendosi misurare la temperatura e con il volto coperto dalle mascherine. Sono i bambini a cui abbiamo insegnato ad avere timore degli estranei, a non condividere la propria casa con gli amici, a non fare sport, a non andare nei parchi giochi, ma piuttosto a comunicare tramite i social, a dover essere sempre attaccati ad un pc o ad un telefono per poter interagire con i compagni, e ad avere la playstation come babysitter”.

“Poi – proseguono –  ci sono anche i bambini che, bisogna dirlo, hanno la possibiltà di mangiare solo se frequentano le mense scolastiche, o quelli per i quali la scuola è l’unico luogo sicuro in cui andare. Ci sono i bambini di quelle donne che subiscono maltrattamenti casalinghi e, come tutti sappiamo, il numero di queste donne, di queste mamme, è fortemente aumentato durante gli ultimi dodici mesi e, ad assistere, chiusi tra le mura domestiche, ci sono sempre loro: i bambini. Ci sono anche i bambini delle famiglie medie, quelle considerate normali in cui, però, tra soldi che mancano e futuro incerto, il nervosismo e le liti si sono fatte più frequenti. Quanto farebbe bene a tutti questi bambini avere un luogo protetto in cui ritrovarsi con i coetanei”.

“Infine – concludono – ci sono i bambini speciali che necessitano dei compagni e del confronto, come dell’aria per respirare, per i quali non andare a scuola significa molto, perchè vuol dire perdere un’ importantissima possibilità di gioia”.