Bond argentini, banca lucchese condannata a risarcire una cliente

8 giugno 2021 | 15:19
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Bond argentini, banca lucchese condannata a risarcire una cliente

Confermata la sentenza della corte d’Appello: secondo i giudici non era stata informata dei reali rischi dall’istituto

Sono sempre più numerosi i clienti di molte banche italiane che sono riusciti  a farsi restituire i soldi investiti “incautamente” in bond argentini.

Dopo una battaglia giudiziaria durata ben 14 anni anche la Corte d’Appello di Firenze ha confermato la sentenza del tribunale di Lucca condannando una nota filiale di una banca della lucchesia al risarcimento del danno alla cliente conseguente all’investimento in obbligazioni in Argentina (bond) e all’acquisto di Sicav Fleming.

Nel 2001 lo stato sudamericano aveva dichiarato il default. La Corte ha evidenziato il fatto che la banca non avrebbe fornito alla cliente quell’ informazione qualificata per una scelta consapevole e orientata come richiesta dall’articolo 28 del regolamento Consob 11522/1998. L’istituto di credito aveva impugnato la sentenza di primo grado del 2014 invocando la prescrizione e l’ingiusta quantificazione del danno oltre alla buona fede dell’istituto e al corretto comportamento.

La corte d’Appello ha invece condannato la banca a restituire circa 20mila euro al cliente, più gli interessi, più 8mila euro di spese legali. La donna è riuscita a dimostrare tramite i suoi legali di aver richiesto espressamente per iscritto di volere investire esclusivamente in titoli e fondi a basso rischio. I giudici fiorentini hanno confermato che non è sufficiente, al fine di ritenere correttamente adempiuto l’obbligo di informazione, la consegna da parte della banca del documento sui rischi generali dell’investimento in strumenti finanziari, ma che sarebbe stata necessaria la specifica segnalazione dell’alto rischio dell’investimento sottoscritto. La banca secondo i giudici avrebbe dovuto provvedere a fornire una informativa specifica per il singolo investimento, delineandone con precisione i possibili rischi.

Nel caso specifico, poiché il “profilo di investitore” dei sottoscrittori non evidenziava affatto una propensione agli investimenti rischiosi, la banca avrebbe dovuto chiaramente comunicare che l’operazione “non era adeguata” per loro, salvo farsi rilasciare una specifica autorizzazione per iscritto prima di procedere alla sottoscrizione dell’investimento. La sentenza è ora esecutiva.