L’ex moglie si finge disoccupata e inabile per l’assegno di mantenimento: smascherata

L’uomo da cui aveva divorziato l’ha fatta pedinare e ora la Cassazione ha disposto lo stop ai versamenti mensili alla donna
L’ex moglie cammina, va in bici e guida quindi trovandosi in buone condizioni fisiche può trovare un lavoro, al contrario di come aveva dichiarato. E’ stato l’ormai ex dolce metà a incastrarla, facendole revocare l’assegno di mantenimento dopo il divorzio.
Un’agenzia investigativa aveva svolto indagini per conto dell’ex da cui era emerso che la donna, pur avendo ufficialmente dato le dimissioni, continuava comunque a lavorare quotidianamente in nero nello studio di commercialista in cui era inquadrata, fino a poco tempo prima, come dipendente. Così ha stabilito la suprema corte di Cassazione nei confronti di una ex coppia lucchese che era finita in tribunale proprio a causa degli assegni di mantenimento.
L’uomo per alcuni anni ha versato regolarmente l’assegno di mantenimento per la figlia e anche quello nei confronti della ex moglie che era riuscita a dimostrare di aver perso il lavoro e di non poter più lavorare per motivi di salute. Ma l’uomo insospettito da alcune rivelazioni di amici comuni ha fatto svolgere attività investigative privatamente per verificare ciò che gli era stato detto.
Le scoperte sono finite agli atti del procedimento giudiziario e ora gli ermellini gli hanno dato ragione definitivamente. Con sentenza non definitiva nel 2012, il tribunale di Lucca aveva pronunciato la cessazione degli effetti civili del matrimonio. Con successiva sentenza definitiva del 2017, il tribunale aveva affidato il figlio minore ad entrambi i genitori, con collocazione dalla madre, e aveva stablito a carico del padre la somma mensile di 500 euro mensili quale assegno di mantenimento del figlio minore, disponendo anche una cifra a favore della donna. Ma per la Cassazione che ha confermato la sentenza d’Appello “la sentenza impugnata ha ampiamente motivato la decisione di non riconoscere alla donna alcun assegno di mantenimento, attesa la sua piena capacità lavorativa, desunta dalle indagini investigative – versate in atti – dalle quali è emerso che, anche dopo le formali dimissioni della donna dallo studio di un commercialista, avvenute nell’anno 2010, la medesima ha continuato a prestare di fatto attività lavorativa presso tale studio. La Corte territoriale ha, altresì, assolutamente escluso che la istante si trovi in condizioni di salute tali da precluderle di lavorare (potendo tranquillamente camminare, guidare e persino andare in bicicletta”. Il caso è chiuso.