C’è un mandato d’arresto dal suo paese per omosessualità, la Corte d’Appello gli riconosce lo status di rifugiato

8 luglio 2021 | 09:15
Share0
C’è un mandato d’arresto dal suo paese per omosessualità, la Corte d’Appello gli riconosce lo status di rifugiato

L’uomo, un 31enne originario del Gambia, rischiava anche l’ergastolo. La commissione territoriale non aveva creduto alla sua storia

Termina la personale odissea di un 31enne originario del Gambia che lavorava come bracciante agricolo, a giornata, per diverse cooperative agricole dell’intera regione e che vive in un centro di accoglienza in Lucchesia ma in continuo movimento a seconda delle esigenze lavorative.

L’uomo si era visto rifiutare dalla commissione territoriale lo status di rifugiato perché proprio pochi giorni prima della sua audizione gli era scaduto anche il contratto di lavoro. Ma la corte d’Appello ammettendo agli atti del ricorso le nuove prove presentate, relative a una richiesta di arresto per rapporti omosessuali nel suo paese di origine, ha accolto le sue istanze e, per l’effetto, “in riforma dell’ordinanza impugnata, riconosce, in suo favore, lo status di rifugiato ai sensi della convenzione di Ginevra”.

In commissione territoriale il suo racconto non era stato ritenuto verosimile ma dagli accertamenti effettuati dalla corte d’Appello è in effetti emerso un mandato d’arresto del suo paese di origine che lo accusa di aver avuto rapporti sessuali con un turista americano in un albergo della capitale, reato per il quale in Gambia è prevista la pena dell’ergastolo e in alcuni casi addirittura la pena di morte.

i legge infatti in sentenza d’appello: “Deduceva che, a causa del suo lavoro di commerciante che gli faceva frequentare diversi luoghi turistici, aveva incontrato un turista americano di circa sessant’anni che aveva accompagnato in un giro turistico della città e anche in un albergo dal quale tuttavia erano subito usciti, scambiandosi i numeri di telefono e salutandosi. Raccontava poi di aver ricevuto una chiamata durante la notte da parte dello stesso turista e di averlo raggiunto nel suo albergo dove, nella veranda, aveva subito dall’uomo espliciti approcci sessuali e successivamente gli erano stati donati dal medesimo 1500 dollari che, sosteneva il turista, lo avrebbero aiutato nella sua attività di commerciante. Aggiungeva ancora che, successivamente, aveva ricevuto una telefonata dalla zia paterna, la quale lo informava che la polizia era venuta a cercarlo a causa della frequentazione con l’uomo poiché quest’ultimo era ritenuto omosessuale: a quel punto sentitosi accusato ingiustamente, era fuggito perché in Gambia non si sentiva più al sicuro. Dopo aver attraversato alcuni paesi, era giunto in Libia e da qui in Italia, nel dicembre 2015. Temeva di fare ritorno in patria poiché il governo aveva affermato che gli omosessuali dovevano essere messi in prigione a vita o essere uccisi”.

Scoperto il mandato di arresto la corte d’appello gli ha concesso lo status di rifugiato. “Questa Corte, tuttavia non può non valutare la nuova documentazione prodotta in questa sede e, alla luce di essa, ritenere verosimili i fatti narrati e, conseguentemente, sussistenti i requisiti per il conseguimento dello status di rifugiato, proprio a causa degli atti persecutori concretizzatisi nei confronti dell’appellante e culminati persino in un mandato di arresto”.

L’uomo ora può decisamente tirare un sospiro di sollievo perchè rischiava di essere espulso dal suolo italiano e rispedito nel suo paese di origine. Proprio il mandato di arresto alla fine lo ha salvato perchè ha provato il suo racconto che non era stato ritenuto credibile ma solo un escamotage. Tutto è bene quel che finisce bene.