Minorenne accusato di violenza sessuale finisce in carcere minorile ma viene assolto: sarà risarcito

La Corte di Cassazione ha deciso di rinviare gli atti alla Corte d’appello ma solo per motivare e determinare la cifra
Alcuni anni fa, quando era ancora minorenne, ma over 16, un giovane viareggino era finito in una brutta storia di accuse di violenza sessuale nei confronti di una coetanea ed era stato rinchiuso, su ordinanza del tribunale dei minorenni di Firenze, per 32 giorni in un istituto per minori e per altri 148 giorni in casa. Ma non era vero nulla e il ragazzo fu assolto in via definitiva.
A quel punto i genitori hanno presentato richiesta alla corte d’appello di Firenze per richiedere il risarcimento per ingiusta detenzione. I giudici accogliendo la richiesta avevano stabilito in circa 45mila euro la cifra che il ministero doveva pagare, aumentando la somma base di un 25% circa per la minore età del ragazzo che secondo i giudici rappresenta una condizione “maggiormente afflittiva”. Ma la suprema corte di Cassazione nella sentenza pubblicata di recente ha accolto il ricorso del ministero dell’economia e ha rinviato gli atti alla corte d’appello fiorentina solo per una nuova quantificazione che a detta degli ermellini deve essere “meglio motivata”.
In pratica per la Cassazione un minorenne accusato ingiustamente di un reato mai commesso, posto in custodia cautelare e in seguito assolto perché riconosciuto innocente, non ha diritto solo per la sua età a ottenere una riparazione per ingiusta detenzione superiore a quella normalmente calcolata per i maggiorenni a meno di specifiche motivazioni. “In senso critico va rilevato come la Corte di appello abbia ritenuto in generale la maggiore afflittività della detenzione per il minorenne, senza considerare che per tali soggetti l’ordinamento contempla modalità specifiche di detenzione, che tengono conto proprio delle peculiarità della minore età del ristretto. Sicchè la motivazione che sostiene l’affermazione di un maggior patimento è manifestamente illogica. Nè tale affermazione acquista valenza per il caso specifico grazie al riferimento alla natura infamante del reato titolo di detenzione; per quanto l’ordinanza non sia sufficientemente esplicita al riguardo, non sembra da condividere l’interpretazione offertane dal ricorrente, per il quale si sarebbe fatto riferimento ad un danno reputazionale conseguente alla carcerazione per il delitto sessuale. In realtà la Corte di appello ha voluto alludere ad una maggiore sofferenza morale del minore, derivante dall’esser stato tratto in carcere per un reato infamante. Ne consegue che, se, in linea di principio, il diritto dell’innocente è da valutare in maniera privilegiata rispetto a quello del colpevole, tale conclusione non ha carattere assoluto, ed è compito esclusivo del giudice di merito considerare la peculiarità della situazione, adeguando la liquidazione alla specificità della fattispecie e motivando in modo puntuale sulla sua entità”.
In ogni caso ci sarà un risarcimento per questa vicenda, resta solo da stabilire il quantum.