Spara e uccide il collega che tenta la rapina alla Sala Bingo di Navacchio: fu legittima difesa

3 agosto 2021 | 11:56
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Spara e uccide il collega che tenta la rapina alla Sala Bingo di Navacchio: fu legittima difesa

Simone Paolini, 43 anni di Barga, assolto definitivamente dall’accusa di omicidio preterintenzionale

Tragedia davanti alla sala Bingo di Navacchio, fu legittima difesa. Lo scorso anno la corte d’Appello di Firenze lo aveva assolto ora anche la Corte di Cassazione, aderendo alla tesi della legittima difesa, ha scritto la parola fine sulla vicenda giudiziaria per omicidio preterintenzionale, confermando la sentenza di secondo grado.

Alla base del procedimento penale, ora concluso in via definitiva, un’incredibile tragedia che aveva portato una guardia giurata a sparare contro un uomo che con pistola in pugno aveva cercato di rubargli l’incasso di una sala bingo appena prelevato per essere portato in centrale. Quello che la guardia giurata non poteva minimamente sospettare era che in realtà si trattava di un suo ex collega.

Nella sparatoria aveva perso la vita Davide Giuliani, 46 anni, di Montecalvoli, frazione di Santa Maria a Monte. A sparare e a finire sotto processo Simone Paolini, 43 anni, nato a Barga, ora assolto in via definitiva anche dalla suprema Corte di Cassazione per legittima difesa. A fare ricorso era stata la vedova dell’ex guardia giurata morta quella maledetta notte d’agosto del 2015. Per gli ermellini tale ricorso è inammissibile. Per i giudici di Piazza Cavour Simone Paolini nell’esercizio della sua attività di guardia giurata, dipendente dell’istituto di vigilanza privata Corpo Guardie di Città, la notte del 13 agosto 2015, dopo aver preso in consegna all’entrata secondaria del Palabingo di Navacchio, frazione di Cascina, un plico contenente la somma di 6040 euro, depositandolo nel bagagliaio dell’auto di servizio con le insegne dell’istituto di appartenenza, ed aver iniziato la manovra di uscita dal parcheggio retrostante, veniva fermato da un individuo travisato con un casco da moto in testa e con una pistola in pugno, che si parava davanti all’auto dopo aver collocato un cartello di lavori in corso in mezzo alla strada allo scopo di fermarne la marcia; la guardia giurata tentava di spingere con l’auto il rapinatore contro un muro laterale, tuttavia l’aggressore si rialzava, e si accostava allo sportello lato guidatore dell’auto impugnando la pistola, mentre Paolini tentava di uscire dall’abitacolo aprendo parzialmente lo sportello.

L’azione gli veniva impedita dal rapinatore, sicché il Paolini reagiva estraendo la propria pistola di servizio ed esplodeva, ancora seduto dalla posizione di guida, due colpi in direzione dell’uomo che si trovava in piedi al fianco sinistro dell’autovettura, attingendolo al torace; nonostante le ferite riportate, il rapinatore, sempre con la pistola in pugno, si gettava nell’abitacolo dell’auto, dove avveniva una colluttazione con Paolini, finché costui non riusciva a sfilare il casco dalla testa, riconoscendolo come il collega di lavoro Davide Giuliani, e lo induceva a desistere dal tentativo di rapina; in seguito alla fuga a bordo della propria autovettura lasciata parcheggiata con il motore acceso a pochi metri di distanza, Giuliani perdeva il controllo del veicolo a causa delle gravissime ferite riportate e moriva poco dopo essere uscito dall’abitacolo della vettura.

“Pertanto, pur prescindendo dalla scindibilità in ‘fasi’ di un’azione aggressiva durata verosimilmente pochi istanti, appare meramente astratta e congetturale la prospettazione di un commodus discessus approfittando del tentativo del Paolini di stringere l’ignoto rapinatore contro il muro; costui, infatti, si è immediatamente rialzato, e, sempre puntando la pistola armata, si è avvicinato allo sportello del Paolini, impedendogli anche di scendere; in tal senso, radicando i presupposti per l’unica azione difensiva materialmente possibile, cioè esplodere i colpi attraverso il finestrino dell’auto”.

Il caso giudiziario è chiuso.