Assunti con contratto a progetto ma svolgono mansioni da subordinati: call center condannato a una sanzione da 400mila euro

La corte d’appello ha confermato la sentenza di primo grado. Una testimone: “Controllati a vista su quello che facevamo”
Maxi stangata per un call center di Lucca.
La corte d’Appello fiorentina ha confermato la sentenza di primo grado del tribunale cittadino condannando la società a pagare circa 400mila euro di sanzioni per plurime violazioni, accertate dagli ispettori del lavoro, riguardanti i contratti dei lavoratori nel cosiddetto settore “outbound”.
Nessuno dei dipendenti era in regola, secondo i giudici, negli anni dell’ispezione, perché assunti con contratto a progetto ma svolgendo mansioni da lavoratori subordinati.
Si legge infatti nella sentenza di secondo grado dei giorni scorsi: “Invero, come avvalorato dalle numerose, pressoché univoche, dichiarazioni rese dai collaboratori in sede ispettiva, confermate in sede giudiziale dai testimoni escussi, ciascuno dei collaboratori era chiamato a svolgere servizio senza alcuna autonomia nelle modalità di svolgimento del colloquio con l’utente, sulla base di un “copione”, ovvero “script” prestabilito, con identificazione del numero da contattare che compariva automaticamente sullo schermo del terminale utilizzato senza dunque possibilità di autogesione dei tempi di esecuzione della prestazione. La prestazione era supervisionata da dipendenti dell’azienda ovvero da altri collaboratori più esperti che verificavano anche la durata delle conversazioni. Il collaboratore svolgeva la propria prestazione all’interno di fasce orarie di 4 ore predeterminate dall’azienda”.
Già la Cassazione, con alcune sentenze, aveva affermato che l’attività di telefonista in un call center, eseguita seguendo le direttive impartite dall’azienda, con un preciso orario di lavoro e l’utilizzo di attrezzature e materiali di proprietà della società, è da considerarsi lavoro subordinato. L’elemento decisivo che contraddistingue il rapporto di lavoro subordinato dal lavoro autonomo è l’assoggettamento del lavoratore al potere direttivo, disciplinare e di controllo del datore di lavoro ed il conseguente inserimento del lavoratore in modo stabile ed esclusivo nell’organizzazione aziendale. Anche a Lucca quindi il call center finito nel mirino dei giudici violava le norme contrattuali dei dipendenti per “risparmiare”. Tutti sono stati chiamati a testimoniare e dai loro resoconti in aula si è arrivati alla condanna di primo e secondo grado.
“Ai vertici c’era chi controllava il nostro operato – ha dichiarato una testimone in aula – e verificava le nostre telefonate, come le facevamo, se rispondevamo male ai clienti, se andavamo in pausa e quanto ci stavamo, se seguivamo lo script oppure no. Poi in particolare si affiancava ai nuovi e interveniva direttamente in caso di conclusione del contratto”. Se contratto a progetto dev’essere, per ragioni di opportunità o politica aziendale, bisogna tener conto che l’oggetto del progetto non deve e non può coincidere completamente o sovrapporsi con l’attività principale del datore di lavoro e non può avere carattere elementare o ripetitivo.
Inevitabile la sentenza di condanna anche in appello. “Ne consegue che, come ritenuto nella decisione gravata, tutti i contratti oggetto di contestazione, nel concreto atteggiarsi del rapporto, si sono tradotti in un vero e proprio assoggettamento del collaboratore all’iniziativa, all’organizzazione ed alla disciplina prestabilite dall’imprenditore, sì che erano da riqualificare in termini di subordinazione. Logico corollario delle superiori premesse è che l’appello deve essere respinto”.
La società con sede a Lucca oltre alla sanzione da 400mila euro è stata condannata anche a 7mila euro di spese legali.