Minacciato dagli uomini di un presidente africano arriva in Lucchesia e chiede protezione internazionale: ok dai giudici

Il muratore 35enne si è rivolto al tribunale fiorentino dopo il diniego del permesso di soggiorno per motivi umanitari
Minacciato dagli uomini del presidente dello Stato africano in cui viveva scappa, arriva in Lucchesia e chiede protezione. Nei giorni scorsi il tribunale ha accolto le sue richieste.
Una vicenda umana che ha dell’incredibile anche per i personaggi coinvolti nella storia che per fortuna ha avuto un lieto fine. Lui ha 35 anni, originario di un paese del centro Africa, ed è un bravo muratore tanto che in poco tempo viene nominato capocantiere dall’ingegnere presso cui lavora. Nel 2015 sta addirittura lavorando alla costruzione di una villetta commissionata alla ditta da parte del presidente dello Stato africano.
Nell’estate del 2015 mentre tutto stava andando a gonfie vele e lui e i suoi colleghi stavano lavorando al prestigioso progetto edilizio d’improvviso un crollo catapulta tutti in un incubo ad occhi aperti. Lo staff presidenziale si precipita sul cantiere per parlare con l’ingegnere e capo della ditta che, però, a differenza dei suoi dipendenti scappa e fa perdere le sue tracce, conoscendo bene evidentemente i personaggi a cui avrebbe dovuto fornire spiegazioni sulla vicenda. A prescindere dai motivi l’ingegnere comprende che è arrivato il momento di cambiare aria. Il 35enne e i colleghi però hanno la coscienza a posto, sanno fare il loro mestiere e da una prima analisi viene fuori che il crollo è avvenuto per via dei materiali scadenti forniti dall’ingegnere. Ma gli uomini del presidente, quasi tutti ex militari, a quel punto pretendono di sapere dai lavoratori dove si trova il professionista. Ma nessuno di loro sa che fine abbia fatto.
Iniziano una serie di persecuzioni e violenze, tipiche di certi regimi, per costringere i muratori a parlare, non fidandosi del loro racconto e cioè del fatto che non abbiano la minima idea riguardo alla fuga dell’ingegnere e dove si trovasse. Le violenze continuano fino a un episodio decisivo e particolarmente cruento che convince tutti a lasciare il paese. Lo staff presidenziale a colpi di machete alza il tiro facendo ben comprendere che fine avrebbero fatto se non si fossero decisi a parlare. A quel punto il 35enne decide di scappare e i colleghi fanno lo stesso.
Dopo diverse peripezie arriva in Lucchesia dove si integra facilmente e dove riesce anche a trovare lavoro e un tetto. Dopo aver richiesto nel 2019 alla commissione territoriale il permesso di soggiorno e la protezione internazionale è costretto a rivolgersi ai giudici fiorentini a seguito del diniego ricevuto. I giudici del tribunale ordinario di Firenze, sezione protezione internazionale, dopo una serie di udienze e di scrupolose verifiche del suo racconto, nei giorni scorsi, il 28 luglio, hanno accolto il suo ricorso riconoscendo: “La protezione umanitaria e disponendo che il questore di Lucca rilasci il permesso di soggiorno per motivi umanitari, biennale e rinnovabile. Condanna il ministero dell’interno a rifondere allo Stato le spese di lite che liquida in mille euro per compensi, oltre al 15% per spese generali”.
Il 35enne può tirare un meritato sospiro di sollievo.