Chiede di partecipare a un master online ma poi si tira indietro, avvocato vince la causa con la società

I giudici del tribunale di Lucca: “Non basta la pre-iscrizione per ritenere concluso un contratto sul web”
Una sentenza, quella a firma del giudice Giacomo Lucente di Lucca, destinata a far luce e giurisprudenza sulle modalità on line di adesione a corsi professionali che sono parificati ormai a veri e propri contratti. Ma per ritenerli pienamente conclusi ci sono precisi comportamenti da seguire. Un avvocato di Lucca chiede informazioni on line a un istituto nazionale per quanto riguarda un master per conseguire il titolo di “legale d’affari”, si iscrive al corso ma poi non completa la registrazione per motivi personali e quindi non concludendo la procedura ritiene conclusa la faccenda.
L’istituto invece inizia a subissarlo di richieste di pagamento, circa 3mila euro, perché considera il contratto ormai stipulato e concluso. Ne viene fuori inevitabilmente una querelle giudiziaria che nei giorni scorsi è stata risolta dal tribunale di Lucca in funzione di Appello. L’avvocato già davanti al giudice di pace cittadino era riuscito a far valere le proprie ragioni nel 2019 ma si è arrivati anche al secondo grado di giudizio per via del ricorso dell’istituto avverso la sentenza di primo grado.
Il legale aveva affermato di non avere stipulato alcun contratto e di essersi limitato a compilare un modulo di richiesta di iscrizione al corso di formazione, senza procedere alla registrazione e che, anche a voler ritenere concluso il contratto de quo, comunque egli aveva tempestivamente esercitato il recesso; rigettava la domanda attorea dell’istituto che ritiene che il giudice di primo grado abbia errato nella valutazione degli atti di causa, pronunciandosi ultra petita e violando il principio di non contestazione, in quanto sostiene che l’avvocato non ha mai dichiarato espressamente che il contratto per cui è causa non era stato concluso.
Ma anche i giudici di secondo grado hanno dato ragione al legale: “Tale doglianza è palesemente infondata perché sin dalla comparsa di risposta il convenuto ha sempre contestato la conclusione del contratto, sostenendo viceversa che la semplice compilazione del modulo di pre iscrizione non costituisce espressione di volontà contrattuale”. Il master “avvocato d’affari” si rivolge ad avvocati, giuristi d’impresa, consulenti e laureati in discipline giuridiche ed economiche. Inoltre, si propone di formare un esperto in consulenza legale in grado di supportare le imprese in tutti i settori, dal diritto societario con le novità in materia di crisi d’impresa, ai nuovi contratti di durata, smart contract e blockchain.
La modularità del percorso consente di scegliere le aree di specializzazione e di aggiornamento a completamento delle proprie competenze professionali. Ma per ritenere concluso questo tipo di contratti on line non basta la semplice richiesta di adesione al corso. Si legge infatti in sentenza: “Vanno quindi pienamente condivise le argomentazioni del giudice di prime cure, e va osservato che con l’e-mail del 2 febbraio 2017 il resistente si è limitato ad acconsentire ad una pre-iscrizione soggetta a verifica valutativa. Non si può seguire l’atipico modo di conclusione del contratto cosiddetto click and point perché il convenuto non ha mai sottoscritto il modulo propostogli (doc. 1), né in forma cartacea né in forma digitale, ma solo il modulo di preiscrizione (doc. 2) in cui le clausole vessatorie non sono presenti. Nella fattispecie in esame non sussistono i presupposti ed i requisiti per qualificare il modulo di pre-iscrizione compilato dal convenuto quale accettazione di offerta al pubblico e non si può dunque ritenere concluso il contratto ex articolo 1326 c.c. con le forme di cui all’articolo 1336 c.c. poiché il documento in esame va considerato come una mera richiesta, ed inoltre in tale modulo non vengono affatto richiamati gli elementi essenziali del contratto per cui è causa. Rilevato che tra le parti non è stato stipulato alcun contratto, resta assorbito il motivo sulla validità del recesso ex articolo 1373 C.C. L’appello va pertanto respinto”. L’istituto è stato condannato anche a pagare circa 2mila euro di spese legali. La sentenza di Lucca farà giurisprudenza per altri casi simili.