Colpì un collega per difendersi durante una lite al supermercato: il licenziamento era illegittimo

La discussione nel reparto macelleria finisce a schiaffi, l’ex dipendente dovrà essere risarcito
Aveva colpito un collega, ma solo per difendersi, dopo essere stato aggredito, dipendente di un noto supermercato a sud della città era stato licenziato dall’azienda per giusta causa ma sia la corte d’appello sia la Cassazione hanno dichiarato illegittima la sanzione e ora l’uomo dovrà essere risarcito con 18 mensilità più interessi dall’ultima busta paga.
L’ex dipendente non vuole più lavorare per la società ma ha dimostrato in aula e in maniera definitiva che la sua era stata solo una reazione difensiva dall’aggressione di un collega, da cui l’illegittimo licenziamento, che la società pretendeva essere stato eseguito per giusta causa, sancito anche dagli ermellini e il conseguente risarcimento.
Si legge infatti nella sentenza della Cassazione: “L’uomo alcuni anni fa, a seguito di una discussione con un collega nel reparto macelleria, era passato alle vie di fatto; l’accadimento era visibile e udibile da parte degli altri colleghi e dei clienti del reparto medesimo; tale condotta era astrattamente riconducibile all’ipotesi sanzionata dal contratto collettivo nazionale di settore, con il licenziamento senza preavviso; tuttavia, in concreto, il recesso datoriale non era proporzionato: il lavoratore aveva colpito il collega dopo essere stato schiaffeggiato; dopo la prima discussione, avvenuta nel reparto e rimasta nei limiti di un confronto verbale, il lavoratore aveva continuato a lavorare senza dare seguito al diverbio. Era stato il collega a seguirlo nella cella frigorifera con l’intenzione di continuare il litigio e di aggredirlo (testualmente in sentenza: mettergli le mani addosso); il lavoratore non aveva precedenti disciplinari”.
Già la corte d’appello di Firenze, nel 2019, accoglieva il reclamo del lavoratore e dichiarava illegittimo il licenziamento; applicava la tutela di cui all’articolo 18, comma 5, della legge 300 del 1970 e, per l’effetto, dichiarando risolto il rapporto di lavoro, con decorrenza dalla data del licenziamento, ma riconosceva al lavoratore un’indennità risarcitoria pari a 18 mensilità dell’ultima retribuzione di fatto per licenziamento illegittimo. Dello stesso avviso i giudici di piazza Cavour: “In modo evidente, le censure celano la richiesta di un diverso coordinamento dei dati acquisiti, ai fini di una più appagante ricostruzione della vicenda concreta, del tutto inammissibile in questa sede di legittimità. La Corte rigetta il ricorso. Condanna parte ricorrente anche al pagamento delle spese del giudizio di legittimità che liquida in 5mila euro per compensi professionali, in 2mila euro per esborsi oltre spese generali ed accessori di legge”.
L’ex dipendente ora dovrà essere rimborsato.