Errore nella sentenza del patteggiamento: annullata la condanna per un rapinatore

Atti rinviati al gip dopo il ricorso dei difensori in Cassazione
Chi non fa non sbaglia, e un errore nel capo d’imputazione alla base di un patteggiamento ha portato all’annullamento della condanna. Il 27enne nato in Versilia era stato arrestato l’estate dello scorso anno, insieme ad un complice, dai carabinieri di Massarosa con l’accusa di rapina aggravata, furto e porto d’armi abusivo. A seguito del procedimento giudiziario a suo carico l’uomo aveva chiesto e ottenuto di poter patteggiare la pena e il gip del tribunale lucchese visto l’accordo raggiunto con gli inquirenti aveva stabilito la pena a seguito di condanna concordata tra le parti.
Ma nelle motivazioni della sentenza di patteggiamento c’è un errore. I legali a quel punto decidono di fare ricorso in Cassazione e gli ermellini nei giorni scorsi hanno annullato la condanna e rinviato gli atti al gip del tribunale di Lucca per nuovo corso. Il procedimento penale quindi dovrà ricominciare daccapo. L’uomo era stato trovato in possesso di una pistola giocattolo, replica di un’arma vera, priva di tappo rosso, e tale reato rientra all’interno di un articolo di legge ben preciso.
Ma per sbaglio gliene viene contestato un altro. Si legge infatti in sentenza: “Si tratta di illecito ontologicamente diverso da quello richiamato in sede di contestazione, che prevede una pena di natura ed entità diverse (arresto da un mese ad un anno e ammenda nel caso dell’articolo 4 legge 110/1975; invece della reclusione da otto mesi a 5 anni e quattro mesi nel caso dell’illecito previsto dalla legge 865/1967, che è alla base della sentenza di patteggiamento. Nemmeno può porsi in dubbio l’evidenza dell’errore nella qualificazione giuridica non potendosi porre indubbio che l’oggetto della contestazione in fatto risulta essere un’arma giocattolo priva del tappo rosso”.
Secondo gli inquirenti il 27enne, a gennaio del 2020, era entrato in una tabaccheria con volto travisato ed armato di pistola revolver e, minacciando di morte il titolare, aveva strappato a quest’ultimo una collanina in oro e l’orologio e si era fatto consegnare i soldi della cassa, spingendolo poi in terra e dandosi alla fuga a bordo di un’auto insieme al complice che era rimasto fuori dall’esercizio commerciale a fare da “palo”. In particolare, i carabinieri all’epoca dei fatti avevano svolto un’attenta e specifica analisi dei sistemi di videosorveglianza presenti nella zona della rapina e lungo le possibili vie di fuga che aveva poi consentito di risalire all’autovettura utilizzata dai malviventi e a ricostruirne gli spostamenti effettuati prima e dopo il reato. Successivamente, gli investigatori avevano effettuato delle verifiche in alcuni rivenditori di oro della zona, accertando che, in alcuni di essi, i due malviventi avevano effettuato numerose transazioni con le quali avevano poi rivenduto oggetti in oro di provenienza furtiva, e in particolare proprio la catenina asportata durante la rapina al tabacchi di Bozzano. A giugno del 2020 erano stati arrestati e giudicati e condannati. Ma ora per il 27enne l’iter giudiziario dovrà riprendere praticamente daccapo. Gli atti sono ora in mano di nuovo al gip di Lucca.