Ricercatrice lucchese alla Columbia: “Shock per l’omicidio di Giri, non mi sento più sicura a New York”
Parla Ilaria Russo della divisione di cardiologia della Columbia University, a New York dal 2014: “La pandemia ha acuito le tensioni sociali e la situazione non è più sotto controllo”
Aveva appena finito di giocare una partita di calcio con la maglia del New York International Football Club e stava rientrando alla propria camera quando giovedì sera (2 dicembre) intorno alle 23 è stato ucciso da una raffica di coltellate allo stomaco inferte senza alcuna provocazione. Davide Giri, dottorando piemontese di ingegneria della Columbia University, di soli 30 anni, è stato vittima della rabbia feroce del 25enne Vincent Pinkney della gang EveryBody killer. Dopo aver commesso l’omicidio l’uomo ha ferito un altro italiano che passeggiava a pochi isolati di distanza, il turista Roberto Malastina, al momento ricoverato in ospedale e non in pericolo di vita. Non soddisfatto, Pinkney ha cercato di attaccare un terzo uomo a Central Park, ma la polizia lo ha fermato e arrestato.
La notizia della morte di Giri è arrivata con una email del presidente, Lee Bollinger, poco prima delle 8 di ieri mattina, alla grande comunità della Columbia University. E ha turbato tutti, come racconta la lucchese Ilaria Russo, ricercatrice nella divisione di cardiologia, a New York dal 2014: “Tra i corridoi è sceso un silenzio atipico. Non conoscevo Giri, anche perché lui frequentava il main campus, la sede storica e più cinematografica della Columbia, sulla 116esima di Manhattan, mentre il medical center dove lavoro è qualche isolato più a nord, sulla 168esima strada. Ma, da italiana, sono stata toccata molto dall’avvenuto che, purtroppo, conferma e rafforza un certo clima di insicurezza”.
“Tutto l’ambiente della Columbia – prosegue Russo – è sotto shock. Sentiamo il bisogno di condividere il nostro turbamento e ieri alle 17 in moltissimi si sono ritrovati di fronte alla biblioteca del campus, nel giardino principale, per una fiaccolata in memoria di Davide Giri. Tante, inoltre, le email ricevute dai direttori dei diversi dipartimenti per esprimere vicinanza a tutta la comunità. Quest’attenzione allo stato d’animo delle persone contraddistingue il modo di lavorare alla Columbia, si tende a offrire immediato supporto psicologico ed emotivo e, in questo caso, già da ieri si sono organizzati gruppi di aiuto per elaborare il trauma. Giri era molto apprezzato, sia dal punto di vista accademico sia sul piano umano. Basta leggere i commenti sulla stampa locale e sui social dei coinquilini e dei compagni di squadra per tratteggiarne un profilo positivo, di persona gentile che anche a New York si era fatta ben volere”.
L’uccisione del dottorando ha acuito il senso di insicurezza a Manhattan. Prosegue Ilaria Russo: “Questo è il secondo omicidio che avviene nelle vicinanze del main campus. Due anni fa era toccato a una studentessa di 19 anni, Tessa Majors, più o meno nella stessa zona dove è stato accoltellato Davide Giri, con le stesse modalità. Iniziamo ad avere paura. Rispetto al medical center, il main campus della Columbia era considerato un luogo più sicuro perché tocca isolati meno problematici, ma oggi questa percezione si è sgretolata. Ho letto commenti di persone che vivono da molti anni nelle vicinanze del Morningside Park, dove pare sia accaduto l’omicidio, e sono spaventate e preoccupate perché il quartiere è diventato pericoloso”.
Aggiunge la ricercatrice lucchese: “Ci sono zone da evitare, soprattutto la sera. Da quando sono arrivata nel 2014 a oggi la situazione è cambiata molto. Ricordo che i primi anni sono andata in giro a New York anche in ore tarde e non mi sono mai sentita in pericolo. Adesso non è più così e ci sono isolati che, se sono da sola, non attraverso. Non c’è stato un momento spartiacque, il senso di insicurezza è cresciuto nel tempo, con gradualità, e la pandemia ha catalizzato il processo. Sono riemerse, anche nel discorso pubblico, le gang: se ne parla oggi proprio come negli anni Settanta e Ottanta. Il nome della gang dell’assassino di Giri è agghiacciante: EveryBody killer, ci rendiamo conto?”
L’emergenza sanitaria, soprattutto nelle grandi città, ha aggravato le marginalità sociali. Spiega Ilaria Russo: “Molte persone si sono trovate in mezzo a una strada, senza lavoro. C’è stato un visibile aumento di homeless, di tensioni sfociate anche in sparatorie e di casi di overdose. Il binomio crisi e droga, qui, è molto forte. Mi sono trovata personalmente ad attraversare zone centrali della città facendo letteralmente zig-zag tra tossicodipendenti che si stavano calando una dose in endovena”.
Un’emergenza che sembrerebbe trovare risposte fin troppo blande sia dal già debole sistema di welfare statunitense, sia da quello delle forze dell’ordine. “Ad occuparsi della cosiddetta ‘crisi degli oppiacei’ che dilaga in città è soprattutto il Comune: di pochi giorni fa è la notizia che a Manhattan sono stati aperti due punti di somministrazione controllata di droghe pesanti. Non conosco bene il mondo delle associazioni di volontariato qua, ma so che non hanno né presenza territoriale né autorità, come in Italia. Nei momenti più critici della pandemia il Comune ha ospitato i senzatetto in alcune strutture alberghiere, ma l’impressione è che siano interventi disaggregati, privi di un disegno generale per risolvere dalla base il problema. La situazione è uscita dal controllo anche delle forze di sicurezza che, dopo l’uccisione di George Floyd hanno sentito sulle proprie spalle la pesantezza di gravi accuse. Prima il movimento Black lives matter, poi Defund the police, per definanziare il corpo di polizia incolpato delle violenze verso la popolazione afroamericana, hanno creato una sorta di paura ad agire, e forse anche un certo lassismo. Il rischio di sparatorie e aggressioni, d’altronde, è molto alto”.