Lucca, il primo uxoricidio della storia data 1432: la storia nelle carte dell’archivio di stato

10 dicembre 2021 | 18:01
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Lucca, il primo uxoricidio della storia data 1432: la storia nelle carte dell’archivio di stato

Bartolomea e Masseo uccisero i rispettivi coniugi: lei fu decapitata in piazza, all’uomo il podestà concesse il carcere

Uccidono i rispettivi coniugi per non avere più ostacoli al loro amore, lui finisce in carcere ma lei viene condannata a morte. Questa la sentenza per una coppia lucchese.

Se non fosse per la pena capitale potrebbe sembrare una notizia di cronaca dei nostri giorni e invece è una notizia di cronaca ma del 1432. L’archivio di Stato di Lucca, uno dei più antichi della Toscana, attualmente conserva un patrimonio che si estende per oltre 20mila metri lineari e consiste in 22439 pergamene, oltre 166mila pezzi cartacei,  mappe, monete, medaglie e distintivi, sigilli e timbri, coni e punzoni. Un vero tesoro di informazioni storiche. Di recente è stato inserito un documento nella sezione Sentenze e bandi che racconta la storia di Bartolomea venefica femina e del primo caso di uxoricidio avvenuto a Lucca di cui si ha notizia certa. Il ritrovamento di una lettera che  introduce il testo di una condanna corporale e di una sentenza di condanna corporale (quedam condepnatio corporalis et sententia condepnationis corporalis) emessa da Cassano degli Spinola da Genova (podestà di Lucca dal 10 aprile 1432 all’8 aprile 1433), con il consenso e l’assistenza del famosissimo dottore di leggi, Corrado de Pillizariis da Pontremoli, e dietro consiglio, esame e deliberazione dell’egregio e giurisperito Ambrogio de Marchesis di Porto Maurizio, giudice dei malefici. L’atto reca il signum e la sottoscrizione del notaio Niccolao del fu ser Michele da Rofia , al quale spettò la redazione, la lettura, la pubblicazione e la promulgazione della sentenza.

I fatti

Ma veniamo ai fatti che portarono alla morte il povero Leonardo di Niccolao di Aquilea e sua moglie, la sventurata Bartolomea. Come vedremo ci fu un’altra vittima: Domenica, moglie di Masseo di Biagio di Ansana, picchiata a sangue dal marito. Una notte, Bartolomea e suo marito Leonardo si erano introdotti nella proprietà di Masseo per estrarre del miele da un bugno di suo proprietà. Masseo, venuto a conoscenza del fatto, e volendo vendicare l’ingiuria e il danno subiti (volens se ulciscendi de dicta iniuria et dampno), meditò di uccidere Leonardo e, a tal fine, si recò a Pietrasanta per acquistare del veleno. Rientrato a casa, trovò Bartolomea, alla quale comunicò le proprie intenzioni, chiedendole di collaborare all’attuazione del piano omicida. Un colpo di fulmine scocca tra i due. Procedette dunque alla preparazione di un “ammorsellato” (quedam fercula que dicuntur amorsellato) sopra il quale mise il veleno, in presenza e con il consenso di Bartolomea (ipsa domina Bartholomea vidente sciente et cognoscente et consentiente). Fu quindi la stessa Bartolomea ad offrire la pietanza avvelenata al marito Leonardo, il quale, subito dopo averla mangiata, iniziò a sentirsi male. Poiché la morte non sopraggiungeva, Masseo e Bartolomea diedero da mangiare a Leonardo anche dei funghi avvelenati, che aggravarono lo stato di malessere dell’uomo senza tuttavia ucciderlo. Altri cibi avvelenati, alcuni dei quali spacciati per rimedi, furono somministrati a Leonardo, il quale, ormai gravemente debilitato, ebbe un alterco violento con la moglie che lo prese a bastonate in testa (cum maxima sanguinis effusione) fino alla morte. Non stupirà a questo punto apprendere che Masseo stesso chiese la morte di Leonardo (ipsam dominam Bartholomeam non semel tantum carnaliter cognomi) e che i due progettarono di convolare a nozze, una volta eliminati i rispettivi coniugi. Masseo picchiò la propria moglie Domenica al punto da ucciderla (taliter verberavit quo modico stanti morta est et decessit), mentre Leonardo, dopo una lunga agonia, morì, a nulla potendo i rimedi che gli furono somministrati (non valentibus nec cohoperantibus remedis sibi datis).Il racconto della vicenda si conclude specificando che nell’ideazione e nell’attuazione del piano omicida Masseo e Bartolomea si diedero reciprocamente consiglio, aiuto e favore (prestantes ad invicem dictus Masseus et domina Bartholomea ad predicta omnia et singula conmictenda et perpetranda consilium, auxilium et favorem).

La sentenza

Considerata la confessione resa spontaneamente da Bartolomea, e in mancanza di un’azione di difesa esercitata dalla stessa, o da altri per lei, il podestà di Lucca ordinò che la donna fosse condotta “per loca publica” della città di Lucca, affinché la sua pena servisse da esempio e monito per la collettività, fino a raggiungere il luogo della decapitazione “et ibidem sibi caput a spartulis amputetur ita quod penitus moriatur et eius anima a corpore separetur”. L’incarico di eseguire la sentenza fu assegnato al cavaliere (miles socius) Battista di Pedemonte che taglio la testa di Bartolomea su un ceppo in pubblica piazza nel centro di Lucca. Era appunto il 1432. Nessuno difese Bartolomea per chiedere il carcere in vece della pena capitale come avvenne per il suo complice Masseo che ebbe salva la vita. Il podestà di Lucca (forestiero dal 1228) esercitava la giurisdizione civile e criminale con “mero e misto imperio” e facoltà di comminare la pena di morte (gladii potestatem) nella città di Lucca e nel Distretto delle Sei Miglia. Restavano escluse dalla sua competenza le cause commerciali e quelle che riguardavano le arti soggette alla giurisdizione della Corte dei Mercanti, nonché le cause spettanti ai vicari nei territori di loro pertinenza giurisdizionale. Nella pratica amministrazione della giustizia criminale, il podestà, al quale era riservata l’emissione della sentenza definitiva, era coadiuvato da un giudice di sua scelta preposto alla “curia dei malefici”. La figura del podestà a Lucca impedì di fatto alla Santa Inquisizione di operare liberamente in città e solo in un caso dovette cedere alle pressioni politiche dell’epoca e bruciare due presunte streghe in un rogo in piazza, Margherita di San Rocco e Polissena di San Macario, ma questa è un’altra storia…