Fa un’interruzione di gravidanza ma l’embrione resta nell’utero: risarcita dalla Asl

La donna era stata rimandata a casa dall’ospedale di Volterra ed era convinta di aver abortito: non era così
Incredibile ma vero. Donna risarcita dall’Asl Toscana nord ovest per un “finto aborto”.
La gravidanza stava continuando nonostante i medici le avessero detto che era invece stata interrotta durante l’intervento. Ma non era così. I sanitari non si erano accorti che l’embrione era ancora vivo e infatti stata continuando a crescere. I giudici del tribunale di Pisa hanno stabilito la responsabilità del nosocomio pisano e condannato l’azienda sanitaria a risarcire la donna per danni biologici e morali. La vicenda ha davvero dell’incredibile.
Stando al resoconto giudiziario, la donna, all’epoca 33enne, nel 2011, l’1 di giugno, si sottopone ad intervento di interruzione volontaria di gravidanza, al presidio ospedaliero di Volterra, e di essere stata dimessa il giorno stesso, con prescrizione di cura farmacologica; poi a causa dei crampi addominali avvertiti una volta rientrata a casa, e di copiose perdite ematiche, dice ancora di aver effettuato un successivo controllo sempre presso lo stesso nosocomio, e che in quell’occasione i sanitari hanno ritenuto che si trattasse di una normale sintomatologia legata al post intervento e la mandano a casa rassicurandola che è tutto a posto e che l’interruzione di gravidanza è stata effettuata e tutto è andato bene e procede bene nonostante i dolori.
Ma i sintomi proseguono e anzi aumentano di intensità, e la donna, preoccupata, a quel punto si rivolge al consultorio ostetrico ginecologico e poi al nosocomio senese, dove i sanitari, effettuata un’ecografia, hanno riscontrato l’incredibile presenza dell’embrione (cresciuto, medio tempore, di ben 7 millimetri): l’aborto non era andato a buon fine, l’embrione esisteva ancora nel grembo. I medici non avevano effettuato l’interruzione di gravidanza come sostenuto.
Dopo lo choc la donna cambia strategia. A quel punto si sottopone, a Siena, il 17 giugno dello stesso anno, ad un nuovo intervento di interruzione volontaria della gravidanza, questa volta effettuato correttamente e portato effettivamente a termine. Si legge infatti in sentenza del tribunale pisano pubblicata ieri, a firma del giudice Laura Pastacaldi: “Dalle risultanze della consulenza tecnica la domanda appare fondata. Infatti, il ctu ha osservato che l’intervento effettuato sulla donna in data 1 giugno 2011 è stato effettuato in modo non corretto, in quanto non ha sortito l’effetto desiderato.
La gravidanza, infatti, è proseguita, come attesta la crescita dell’embrione da 12 millimetri in data 1 giugno 2011 a 19 millimetri alla data dell’intervento successivo (17 giugno 2011). Secondo l’elaborato peritale, inoltre, al controllo ecocardiografico avrebbe dovuto essere rivelato che l’embrione era ancora presente nell’utero e i sanitari avrebbero dovuto procedere immediatamente con un nuovo tentativo. Il controllo ecocardiografico effettuato la settimana successiva all’intervento, secondo il ctu, è stato parimenti inadeguato, in quanto non solo non è stata, ancora una volta, rilevata la presenza dell’embrione, ma nemmeno è stato percepito il battito cardiaco che era invece sicuramente presente, vista la crescita dello stesso”. E infine: “È dunque provata la responsabilità in capo all’azienda sanitaria nonché il nesso eziologico fra la condotta del personale sanitario di quest’ultima e il danno lamentato dall’attrice”.
L’Asl Toscana nord ovest è stata condannata a risarcire la donna di circa 2mila euro oltre a circa 2500 euro di spese di lite.