Muore per un tumore ai polmoni dopo aver lavorato per anni a contatto con l’amianto: condannati a risarcire Provincia e Asl

Soldi agli eredi perchè gli enti sono stati ritenuti “corresponsabili” del decesso avvenuto nel 2013 per mesotelioma pleurico
Aveva lavorato dal 1969 al 1984, prima per la Provincia di Lucca e poi per l’ex Asl 6, e nel 2013, ed era successivamente deceduto a 72 anni per mesotelioma pleurico, un forma tumorale molto rara che colpisce i polmoni, a causa dell’esposizione prolungata all’amianto, ora la Corte d’appello di Firenze ha condannato i due enti a risarcire gli eredi dell’uomo.
Per i giudici, infatti, gli enti, Provincia di Lucca e gestione liquidatoria Usl 6 di Lucca, sarebbero “corresponsabili della sua morte avvenuta il 7 dicembre 2013 per mesotelioma pleurico, e le condanna in solido fra di loro al pagamento in favore delle appellanti delle seguenti voci di risarcimento del danno iure ereditario per danno biologico permanente del de cuius a 49136 euro oltre rivalutazione monetaria ed interessi legali; per spese mediche euro 9150,04 oltre rivalutazione monetaria ed interessi legali. Condanna le appellate in solido fra di loro al pagamento in favore delle appellanti delle spese di lite, liquidate in euro 6888 per il primo grado ed in euro 7642 per il secondo grado”.
Questa la sentenza, pubblicata ieri, emessa dai giudici di secondo grado di Firenze, Papait, Rugiu e Taiti. L’uomo aveva svolto le mansioni di fuochista addetto alla medesima caldaia centrale dell’ospedale psichiatrico di Lucca, con compiti di accensione, gestione e manutenzione dell’impianto, comprese le tubazioni che distribuivano il calore alle diverse centraline dell’edificio e nel corso dei due consecutivi rapporti di lavoro (Provincia, Usl) egli era stato esposto all’amianto, sostanza che manipolava in modo diretto in occasione delle operazioni di sostituzione delle guarnizioni dei tubi ricoperte da materiale isolante contenente amianto. Già l’Inail in sede amministrativa aveva accolto la domanda di riconoscimento della malattia professionale di aprile 2013 proposta in vita dall’uomo, riconoscendogli un danno biologico dell’80% per esiti di mesotelioma, misura poi elevata al 100 per cento dal tribunale di Lucca accogliendo il ricorso della vedova quale erede, nel 2016.
A tal fine, l’istituto aveva classificato come certa l’esposizione professionale all’amianto anche per il periodo ante-causa nel quale dal 1958 al 1964 aveva svolto attività di idraulico. Quindi, riconoscendo la natura professionale del mesotelioma ed il conseguente danno biologico, non aveva ritenuto un collegamento esclusivo con il periodo lavorato per Provincia ed Usl e i giudici di primo grado avevano respinto la richiesta degli eredi. L’uomo era stato a contatto con l’amianto sia prima che dopo aver lavorato con gli enti e da questo i giudici di secondo grado hanno tratto le loro conclusione di “corresponsabilità”.
Di diverso avviso infatti la corte d’appello di Firenze. Si legge in sentenza: “Dal punto di vista oggettivo, la letteratura scientifica è sostanzialmente convergente sulla circostanza che nella fase di induzione ogni esposizione ha un effetto causale concorrente e, pur non essendovi certezze circa la dose sufficiente a scatenare l’insorgenza dei mesotelioma, è comunque accertato che il rischio di insorgenza è proporzionale sia al tempo sia all’intensità dell’esposizione, nel senso che l’aumento della dose è inversamente proporzionale al periodo di latenza (ovvero l’intervallo temporale compreso tra l’avvio dell’esposizione ad amianto e la data della diagnosi o manifestazione clinica del tumore). Insomma, la scienza medica riconosce un rapporto esponenziale tra dose cancerogena assorbita, determinata sia dalla durata sia dalla concentrazione dell’esposizione alle polveri di amianto, e risposta tumorale. È quindi infondato contestare l’individuazione di Provincia e Usl quali soggetti corresponsabili della causa dell’evento lesivo solo perché sia prima che dopo tale periodo l’uomo avrebbe subito altre esposizioni professionali ad amianto. Gravava pertanto sulle datrici Provincia e Usl l’onere della prova di aver fatto tutto il possibile per evitare il danno attraverso l’adozione di cautele previste in via generale e specifica dalle suddette norme, mentre in realtà è pacifica la violazione di ogni regola cautelare specifica (mancato uso di mascherine, mancanza di aspiratori o di altri sistemi di eliminazione delle polveri eccetera”.
Da queste motivazioni la condanna degli enti agli eredi dell’uomo deceduto.