Non vuole riconoscere la figlia avuta con l’amante: condannato a risarcirla dopo 25 anni

3 gennaio 2022 | 14:43
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Non vuole riconoscere la figlia avuta con l’amante: condannato a risarcirla dopo 25 anni

L’imprenditore condannato a pagare 300mila euro per danno provocato da perdita di rapporto parentale

Una storia che è finita in tribunale e che i giudici hanno dovuto “risolvere” laddove è mancata completamente la volontà di mettere a posto le cose che da “fatti umani e privati” sono purtroppo divenuti nel tempo “processi e sentenze”.

Venticinque anni fa nasceva Francesca (il nome è di fantasia) in Lucchesia da una relazione tra un imprenditore fiorentino e sua madre ma l’uomo era sposato e sin da subito si rifiuta non solo di riconoscere la paternità ma addirittura nega di avere avuto rapporti con la madre. La donna prova più volte a mettersi in contatto con l’imprenditore sia all’inizio quando scopre di essere incinta sia dopo per avvertirlo della nascita della figlia e anche successivamente per chiedergli di assumersi le sue responsabilità, a prescindere dalla fine della loro relazione, ma nulla da fare, stando ai resoconti processuali.

Nelle scorse settimane, infatti, il tribunale di Firenze, dopo un iter partito dal tribunale dei minori, lo ha condannato a 300mila euro di risarcimento danni alla figlia ormai più che maggiorenne, più interessi, dopo averne accertato la paternità. Danno da perdita del rapporto parentale, che ha portato alla quantificazione del danno non patrimoniale, da parte dei giudici fiorentini dopo una perizia tecnica disposta all’interno del procedimento giudiziario che si è concluso nelle scorse settimane, che ha tenuto conto delle condizioni economiche e finanziarie attuali dell’uomo. Il danno da perdita del rapporto parentale consiste nella sofferenza patita per la perdita di una persona cara avvenuta a causa di un fatto illecito, il più delle volte si invoca nei casi per colpa medica, quando viene a mancare un parente.

Una volta accertato il danno, a livello giudiziario, occorre procedere con la sua liquidazione. A fare causa all’imprenditore è stata la stessa figlia, che già da tempo si è trasferita con la madre in un’altra città italiana, e i giudici le hanno dato pienamente ragione. Si legge infatti in sentenza: “La condotta paterna caratterizzata da un persistente rifiuto di riconoscere la paternità  tanto più grave se si pensa al lungo percorso giudiziale ha dovuto effettuare per essere riconosciuta figlia (tuttora il convenuto persiste nel suo pervicace rifiuto a riconoscerla come sua figlia)  ha segnato in modo profondo la vita della ricorrente, incidendo anche significativamente sulla perdita di una propria identità personale che non è stata compensato dalla presenza dell’altro genitore e dei parenti prossimi e nè dal sostegno economico da parte del padre che oltretutto non è mai esistito. La mancanza del padre ha segnato un tracciato di disagio e sofferenza nello sviluppo psico-fisico dell’attrice e ha creato una situazione di privazione affettiva e di ruolo sociale di natura stabile e definitiva. Il diritto al risarcimento in capo all’attrice sorge proprio dal vuoto emotivo, relazionale e sociale dettato dall’assenza paterna fin dalla nascita. Consegue, pertanto, che può ritenersi sussistente il danno lamentato da deprivazione della figura parentale paterna”. L’uomo è stato condannato anche a circa 10mila euro di spese di lite.