Supplente omette di dichiarare una condanna penale alla firma del contratto: sospeso ed escluso dalle graduatorie, ma il giudice gli dà ragione

8 gennaio 2022 | 15:02
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Supplente omette di dichiarare una condanna penale alla firma del contratto: sospeso ed escluso dalle graduatorie, ma il giudice gli dà ragione

Per l’insegnante immediata ricollocazione nelle liste con la stessa posizione precedente e le differenze retributive fino al termine del periodo stabilito

Supplente omette in sede di dichiarazione una condanna penale a 1 anno e tre mesi di reclusione, per detenzione e cessione di sostanze stupefacenti, e il Miur su richiesta dell’ambito territoriale di Lucca e Massa, dell’ufficio scolastico regionale, ad aprile scorso aveva interrotto il contratto a tempo determinato e ne aveva anche disposto la cancellazione immediata dagli elenchi delle graduatorie. Ma per il giudice le cose non stanno così e ha ordinato al Miur di riposizionare l’insegnante della Lucchesia nelle graduatorie, e con la stessa posizione precedente, e lo ha condannato anche alle differenze retributive fino al termine del contratto che aveva stipulato.

Una sentenza, pubblica ieri (7 gennaio) destinata a far discutere e probabilmente anche a fare giurisprudenza, perché prima di arrivare a tale conclusioni il giudice ha analizzato nelle 43 pagine di motivazioni l’intera vicenda che coinvolge tutte le principali istituzioni italiane. L’insegnante, infatti, aveva ricevuto la condanna nel 1999 ma con il beneficio della sospensione e della non menzione, e successivamente, ben dopo 5 anni, aveva ottenuto anche la piena riabilitazione giudiziaria, non avendo più commesso né reati simili né altre tipologie di reato. L’interruzione del contratto a tempo determinato e l’esclusione dalle graduatorie erano provvedimenti scattati a seguito di verifiche. Era dunque emerso che l’insegnante aveva riportato una condanna, risalente al 1999, e precisamente una condanna penale ad anni uno e mesi tre di reclusione, e 4 milioni delle vecchie lire di multa, per il delitto di detenzione e cessione illecita di sostanze stupefacenti, confermata dalla corte d’Appello di Firenze e irrevocabile dal 27 gennaio del 2000, e come detto con concessione dei doppi benefici della sospensione condizionale della pena e della non menzione della condanna nei certificati del casellario giudiziale. Questa condanna, secondo la tesi di parte ricorrente, non era stata quindi dichiarata nella domanda di ammissione alle graduatorie, proprio in forza del beneficio della non menzione a suo tempo concesso.

Il ministero dell’istruzione riteneva invece corrette le procedure avviate rispettivamente dall’ufficio scolastico regionale della Toscana, ambito territoriale della Provincia di Lucca e Massa Carrara, perché nell’istanza di partecipazione ogni aspirante “deve dichiarare le eventuali condanne penali riportate (anche se sono stati concessi amnistia, indulto, condono o perdono giudiziale) e gli eventuali procedimenti penali pendenti, in Italia e/o all’estero. Tale dichiarazione deve essere resa anche se negativa, a pena di esclusione dalla procedura”.

E qui il giudice si è trovato di fronte un dilemma giudiziario di non poco conto, molto delicato e complesso. Risolto in modo ineccepibile mettendo ordine, di fatto, nella vicenda che vedeva inevitabilmente coinvolte varie fonti di diritto. Il giudice del lavoro ha quindi ristabilito la gerarchia delle fonti ponendo al primo posto, ovviamente, la Costituzione e precisamente il ben noto articolo 27 che al comma 3 recita testualmente: “Le pene devono tendere alla rieducazione del condannato”. Da questa enunciazione si ricava uno dei fondamentali principi del nostro ordinamento penale il quale costituisce altresì l’espressione di una delle basilari funzioni della pena stessa. Ed ecco il passaggio fondamentale della sentenza del giudice del tribunale di Massa (dove si era svolto l’ultimo dei rapporti lavorativi) che spiega in maniera chiara e precisa la decisione assunta in merito all’insegnante con una condanna penale estinta alle spalle e che per il tribunale non aveva nessun obbligo di dichiarare: “A parere di questo scrivente giudice, occorre in primo luogo dar conto del fatto che il testo unico sul casellario giudiziale, di cui al combinato normativo disposto costituito dal decreto del presidente della Repubblica del 14 novembre 2002 e dal decreto legislativo 2 ottobre 2018 (riforma Orlando della legge sul casellario giudiziale), che lo ha poi in parte modificato, si pone, nella gerarchia delle fonti del diritto, al secondo livello, o addirittura al primo se si volessero considerare la Costituzione e le leggi costituzionali collocate su una sorta di “livello zero”, come taluni settori della dottrina costituzionalistica ritengono, quindi su di un piano nettamente superiore ad un’ordinanza ministeriale”. E ancora in conclusione: “Nel caso dell’insegnante, infatti, per il delitto per il quale fu a suo tempo condannata, risulta esserle stata concessa anche la riabilitazione con ordinanza n2260 del tribunale di sorveglianza presso la corte d’Appello di Genova del 16 luglio 2021, onde l’odierna ricorrente è altresì del tutto riabilitata, ad ogni effetto di legge, rispetto al delitto di cui sopra”.

L’insegnante quindi non doveva dichiarare nulla in sede di richiesta di iscrizione alle graduatorie dell’ambito scolastico territoriale di Lucca e Massa e ora riavrà la sua precedente posizione negli elenchi per poter accedere in futuro ad altre supplenze o entrare di ruolo, perché il giudice ha riconosciuto pieno valore giuridico ed economico, ad ogni effetto di legge, ai rapporti di lavoro, subordinato e a tempo determinato, in due istituti in cui lo scorso anno lavorava appunto come supplente, nonostante l’intervenuta risoluzione, che è stata risarcita fino al giorno ultimo previsto dal contratto. L’insegnante potrà quindi in futuro continuare a lavorare in ambito scolastico, cosa altrimenti impossibile di fatto. Il Miur è stato anche condannato a pagare le spese di lite e di giudizio.

Questa in sintesi la complessa e delicata vicenda giudiziaria che non mancherà di far parlare di sé, in maniera più approfondita e a vari livelli.