Corte d’Appello non comunicò alla polizia della richiesta di estradizione per il torturatore di Pinochet. È tornato in Germania dopo l’arresto a Forte dei Marmi

La Corte di Cassazione rigetta il ricorso del procuratore generale per ripostare in Italia Reinhard Doring Falkenberg: “Il Cile deve rivolgersi alla Germania”
Mai come in questo caso le motivazioni della suprema Corte di Cassazione fanno luce nella vicenda relativa a Reinhard Doring Falkenberg, accusato di essere stato uno di più pericolosi carcerieri e torturatori del regime cileno di Pinochet, arrestato a Forte dei Marmi a settembre scorso mentre era in vacanza insieme a una comitiva di turisti tedeschi.
Gli ermellini hanno dichiarato inammissibile la richiesta di estradizione e di aggravamento della custodia cautelare avanzata dal procuratore generale della corte di Appello di Firenze nei confronti del 76enne.
Andiamo con ordine per comprendere appieno la delicata vicenda processuale. La Corte di Appello di Firenze, nell’ambito del procedimento per estradizione a fini processuali nei confronti di Reinardh Doring Falkenberg, su domanda del Cile, aveva rigettato la richiesta di aggravamento della misura cautelare con applicazione della custodia cautelare in carcere e di contestuale emissione di un mandato di arresto europeo, avanzata dal procuratore generale di Firenze. La Corte aveva rigettato la richiesta sul rilievo che nei confronti dell’estradando non sarebbe prospettabile il pericolo di fuga perché dopo l’applicazione nei suoi confronti della misura dell’obbligo di presentazione alla polizia giudiziaria il cittadino tedesco aveva sempre osservato le relative prescrizioni e si era allontanato dal territorio dello Stato per fare rientro presso la propria residenza in Germania, solo dopo la comunicazione della cessazione della misura, sia pure avvenuta per un errore dei giudici fiorentini, scrive la Cassazione nelle motivazioni della sentenza pubblicate oggi (15 marzo).
“Il procuratore generale dopo aver esposto i passaggi salienti della procedura estradizionale in corso, ha dedotto vizio della motivazione e violazione di legge in relazione all’erronea valutazione delle esigenze cautelari di eccezionale rilevanza, ed in particolare del pericolo di fuga, nei confronti di soggetto ultrasettantenne in condizioni di salute ritenute incompatibili con lo stato di detenzione”. In estrema sintesi l’accusa fiorentina ha rilevato che a fronte della gravità dei reati posti a base della richiesta di estradizione, definiti dalle autorità cilene come crimini contro l’umanità, per sequestro di persona e probabile omicidio di tre cittadini cileni, sottoposti a processi sommari dalla giunta militare cilena durante gli anni del golpe del 1973, la misura degli obblighi di presentazione non potesse ritenersi adeguata rispetto al pericolo di fuga, nonostante la verificata incompatibilità delle condizioni di salute con la detenzione in carcere. Inoltre, il rientro in Germania da parte dell’interessato dopo la erronea comunicazione della cessazione della misura, confermerebbe la concretezza del pericolo di fuga, tenuto conto della già manifestata contrarietà delle autorità della Germania ad autorizzare la sua estradizione.
L’uomo infatti dopo essere stato arrestato era passato al solo obbligo di firma per gravi motivi di salute e aveva fatto rientro in Germania solo quando la polizia di Lucca gli aveva notificato a novembre scorso la fine della misura cautelare, “non essendo stata informata dalla Corte di appello di Firenze della intervenuta presentazione della domanda di estradizione”, come si legge in sentenza. A quel punto l’uomo era rientrato legittimamente in Germania, a Gronau nella Renania settentrionale. Ora non essendo più sul territorio italiano gli ermellini chiariscono che non possono più in alcun modo incidere né sull’aggravamento delle misure cautelari né tantomeno sull’estradizione, tutte richieste che ora il Cile dovrà rivolgere alla Germania.
Scrive infatti chiaramente la Cassazione: “Costituisce principio consolidato, già affermato da questa corte di Cassazione, che la presenza nel territorio italiano della persona della quale si richiede l’estradizione è il presupposto essenziale che legittima la domanda dello Stato estero. Ne consegue che, qualora sia dimostrato che l’estradando non si trovi più nel territorio italiano, non ricorrono le condizioni per pronunciare la decisione di estradabilità e deve dichiararsi non luogo a provvedere”.
Il caso giudiziario, in Italia, è chiuso.