Muore cadendo da un’impalcatura di un cantiere, da rifare il processo d’appello

La Cassazione ha dato ragione alla vedova di Giuliano Galeri: va rideterminato chi deve pagare i risarcimenti per l’incidente a Bolognana
Morti bianche, la Cassazione chiede maggiori verifiche alla corte d’appello fiorentina perché bisogna capire le responsabilità sia del datore di lavoro sia dei soggetti equiparati e dispone un nuovo processo di secondo grado in sede civile. Nel 2002 aveva perso la vita sul posto di lavoro Giuliano Galeri, dipendente della società Same srl. A seguito di cause penali e civili per le responsabilità e per i risarcimenti nei giorni scorsi gli ermellini hanno accolto il ricorso della moglie dell’uomo che ha perso la vita, cassando la sentenza di secondo grado e rinviando gli atti alla corte d’appello di Firenze per un secondo processo di secondo grado per stabilire chi deve pagare i risarcimenti. La donna infatti ha chiamato in causa civile anche tutte le altre società coinvolte nella vicenda.
I fatti e la sentenza penale
L’uomo, stando al resoconto contenuto nella sentenza della suprema corte di Cassazione, rimaneva vittima, perdendo la vita, di un infortunio sul lavoro in un cantiere a Bolognana. La ricorrente, cioè la vedova, “riferisce, altresì, che la vittima lavorava alle dipendenze della Same srl, in virtù di un contratto di collaborazione occasionale, trovandosi presso il cantiere della società committente a seguito di una catena di contratti di appalto e subappalto, che vedeva coinvolte, oltre alla società datrice di lavoro, pure le società Inso spa e Filippo Colonna srl, nelle rispettive qualità di appaltatrice e subappaltatrice dell’opera”.
Prosegue la sentenza dei giudici di piazza Cavour. “Deduce, inoltre, la donna che l’evento mortale si verificava a seguito della caduta del Galeri da un trabattello, posizionato ad un’altezza di circa quattro metri dal suolo, ove l’uomo stava procedendo allo smontaggio di condotte di aria condizionata. Svoltosi processo penale innanzi al tribunale di Lucca, per il reato di omicidio colposo a carico del datore di lavoro e responsabile della predetta cooperativa Same srl, lo stesso si concludeva con la condanna dell’imputato alla pena della reclusione di otto mesi, nonché al risarcimento dei danni in favore delle costituite parti civili, da liquidarsi in separato giudizio, con l’assegnazione di una provvisionale in favore della sola vedova”.
La sentenza civile impugnata in Cassazione
Il tribunale penale rigettava, invece, le domande proposte nei confronti dei responsabili civili. In forza dell’accertamento operato dal giudice penale, la donna con citazione del 13 maggio 2010 adiva il tribunale di Lucca, in sede civile, affinché fosse riconosciuta la responsabilità nella morte del proprio congiunto anche a carico di altro società, con condanna di tutte le convenute a risarcire, eventualmente anche in via solidale, il danno cagionato all’attrice. Nel giudizio sono intervenute, su chiamata di parte, anche le società assicuratrici. Il giudizio di primo grado a Lucca si è concluso con il rigetto della domanda della vedova (non essendosi ravvisata responsabilità in capo alle società convenute), il cui gravame è stato successivamente dichiarato inammissibile dai giudici di appello di Firenze. Di diverso avviso invece i giudici della Cassazione che hanno accolto il ricorso della vedova.
Gli ermellini accolgono il ricorso della vedova e dispongono un nuovo processo civile di secondo grado
Si legge infatti chiaramente in sentenza: “Ad ulteriore corredo delle censure formulate e con chiaro riferimento alla circostanza dello smontaggio dei trabattelli, e, soprattutto, al fatto che essi difficilmente rispondevano alla normativa di sicurezza (come constatato in occasione dell’incidente che costò la vita al Galeri, visto che l’impalcatura non era dotata del parapetto della misura prevista, risultando, inoltre, sprovvista “ella campata terminale di protezione) l’appellante si è richiamata ad un principio più volte affermato da questa Corte. Ovvero, quello secondo cui, le norme dettate in tema di prevenzione degli infortuni sul lavoro, tese ad impedire l’insorgenza di situazioni pericolose, sono dirette a tutelare il lavoratore non solo dagli incidenti derivanti dalla sua disattenzione, ma anche da quelli ascrivibili ad imperizia, negligenza ed imprudenza dello stesso, donde la responsabilità del datore di lavoro e dei soggetti ad esso equiparati sia quando ometta di adottare le idonee misure protettive, sia quando non accerti e vigili che di queste misure venga fatto effettivamente uso da parte del dipendente. In conclusione, il primo motivo di ricorso va accolto con assorbimento del secondo, relativo alle spese di lite, dal momento che il giudice del rinvio dovrà provvedere ad una loro rinnovata, totale, regolamentazione alla stregua dell’esito finale della lite; disponendo, per l’effetto, la Cassazione in relazione della sentenza impugnata e il rinvio alla stessa corte di appello di Firenze, sebbene in diversa sezione e composizione, per la decisione nel merito, oltre che sulle spese anche del presente giudizio”.
La parola passa nuovamente ai giudici di secondo grado per una nuova sentenza. Si vedrà.