Guerra legale tra collezionisti per un quadro da due milioni: la spunta una galleria d’arte di Lucca dopo un intrigo internazionale

23 marzo 2022 | 16:47
Share0
Guerra legale tra collezionisti per un quadro da due milioni: la spunta una galleria d’arte di Lucca dopo un intrigo internazionale

La società inglese che ha venduto l’opera di Kusama, tra le più quotate artiste giapponesi, avrebbe poi concluso l’affare anche con un acquirente statunitense

Intrigo internazionale, degno di un film di Hollywood, con al centro un dipinto da 2 milioni di euro e tanti misteri irrisolti e sullo sfondo Londra, gli Usa, case d’asta internazionali, intermediari, una galleria d’arte londinese, due acquirenti stranieri, di cui uno reale e legale e l’altro vittima di un raggiro o di un errore, il tribunale londinese, una galleria d’arte di Lucca e il tribunale cittadino. Insomma tutti gli ingredienti per un thriller di successo risolto in parte dal giudice del tribunale di Lucca e come tutti i “gialli” dal finale ancora misterioso e da definire in tutti i suoi contorni.

Tutto inizia nel 2017 quando la galleria d’arte lucchese acquista il prestigioso dipinto  0622 della serie di opere denominate Infinity net della pittrice giapponese Yayoi Kusama. La 93enne dal 1977 vive nell’ospedale psichiatrico Seiwa, in Giappone, per scelta personale ed è considerata tra le più importanti artiste contemporanee viventi. Dipinge quasi quotidianamente nello studio a Shinjuku e i suoi quadri valgono già milioni di dollari e sono contesi dai principali collezionisti, dalle case d’aste più importanti al mondo e dalle gallerie d’arte di tutto il pianeta. Il valore dei quadri di Yayoi Kusama è cresciuto più velocemente di quello del resto delle sue opere nell’ultimo decennio fino a raggiungere i 6 milioni di euro per una sua opera venduta all’asta di New York nel 2019.

Per cui visto il business la galleria d’arte lucchese dopo diverse trattative e alterne vicende riesce ad acquistare da una società londinese a circa 2 milioni di euro un dipinto dell’artista giapponese della serie Infinity net, per poi rivenderlo ad un acquirente straniero che aveva già opzionato l’opera d’arte. Tutto questo avveniva ovviamente a tappe e con regolari e perfettamente legali azioni bancarie e documentali. Nel 2018 però evidentemente la società londinese, sempre secondo il resoconto della sentenza a firma del giudice Massimo Niro del tribunale di Lucca pubblicata nelle scorse settimane, ha venduto, per errore o per dolo lo deciderà il tribunale inglese, la stessa opera ad un altro acquirente statunitense che avrebbe pagato il quadro parte in contanti e il resto con altre due opere d’arte. Ma non riesce ad entrare in possesso dell’opera che l’anno prima era stata acquistata regolarmente dalla galleria d’arte lucchese.

L’uomo si rivolge alla magistratura inglese per recuperare i soldi o le opere d’arte compresa quella dell’artista giapponese. A quel punto comprendendo di essere rimasto vittima di un raggiro o di una incredibile confusione della società londinese decide di rivolgersi anche al tribunale di Lucca chiedendo il sequestro del quadro per evitare la circolazione e la commercializzazione dello stesso che ritiene di sua proprietà e che da sue ricerche risultava essere appunto approdato in Lucchesia. Il giudice cittadino dopo 2 anni di udienze, di verifiche e di attività giudiziarie è riuscito a risolvere brillantemente il caso almeno per quanto riguarda la competenza italiana ma fornendo anche elementi utili ai colleghi inglesi sulle indagini da proseguire in territorio britannico.

Nessun sequestro cautelare e nessuna inibizione alla vendita del quadro dell’artista giapponese, sono possibili, in quanto risulta senza alcun dubbio regolarmente acquistato e rivenduto dalla galleria d’arte lucchese. Se truffa o raggiro o altre circostanze da chiarire si sono verificate non sono successe a Lucca ma a Londra o altrove.  La galleria d’arte lucchese è a posto. Si legge infatti in sentenza: “All’esito del presente procedimento si ritiene che il ricorso proposto in via cautelare non possa trovare accoglimento, rigetta  il  ricorso proposto”. L’uomo, e probabilmente vittima o di un macroscopico errore o di una truffa incredibile, è stato condannato anche a pagare circa 7mila euro di spese di lite. Il rocambolesco caso giudiziario da un punto di vista civile e cautelare al momento, quindi, è chiuso, eventuali altre e ulteriori verifiche da parte della magistratura italiana e straniera proseguiranno, casomai, in altre sedi, in Italia e all’estero.