Nei rifugi antiaerei dove i lucchesi si nascondevano durante la seconda guerra mondiale: “Qui vivevamo nella paura”

23 marzo 2022 | 11:50
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Gian Paolo Licheri e Giovanni Lepri guidano in un salto in un passato che oggi con il conflitto in Ucraina sembra di colpo meno lontano

Europa e guerra sono parole che non rientrano nella stessa frase ormai da 80 anni, ma in questi ultimi giorni le cose sono cambiate ed è stata una doccia fredda un po’ per tutti. Come un ritorno dalle più tristi ombre del 900, l’Europa si è fermata di fronte alla colonna di mezzi militari russi che si muovono per l’invasione dell’Ucraina. Quanto volte in tv abbiamo visto i bombardamenti su Mariupol o su Kiev, di fronte ad una guerra nascosta dalle parole “operazione militare speciale”, l’Europa si riscopre fragile.
Certo la guerra è ancora lontana dalle nostre case e dai nostri affetti, ma ci sono persone che ancora ricordano le bombe tedesche e le rispettive risposte degli alleati e i boati che non provenivano dalle casse delle tv o delle radio, ma si potevano sentire con i propri orecchi da quanto erano vicini.

Ma a quei tempi, dove si rifugiavano i lucchesi quando suonavano le sirene antiaereo ?

A rispondere a questa domanda ci hanno pensato due lucchesi doc, che durante i bombardamenti della seconda guerra mondiale erano giovani, ma quegli anni se li ricordano bene, sono Gian Paolo Licheri e Giovanni Lepri che abitavano all’Incis, un complesso di quattro fabbricati condominiali degli anni 30, costruito sotto il fascismo.Quel condominio esiste ancora oggi e l’avvocato Giovanni Lepri abita ancora li e ci ha accompagnato nelle sue cantine che negli anni ’40 ospitavano i lucchesi durante i bombardamenti.

Che cos’è l’Incis?

“Questo condominio, composto da 4 fabbricati, era al tempo proprietà di questo ente, denominato Incis che era di Roma e aveva costruito questi immobili in tutta Italia, come abitazione per gli impiegati civili dello Stato – spiega l’avvocato Giovanni Lepri -. Era amministrata da parte dell’intendenza di finanza e c’era un portiere ricordo, eravamo tanti ragazzi al tempo, noi avevamo un età media, c’erano anche ragazzi più grandi e più piccoli”.

Il complesso condominiale oggi come al tempo ha un bellissimo giardino interno dove i ragazzi durante l’estate giocavano all’aperto. Intorno erano tutti campi erano presenti soltanto alcune villette liberty poco distanti.

“Io avevo 9 anni – ricorda l’avvocato Lepri –, nel periodo di guerra ricordo che rimanemmo in giardino per dei mesi interi, qui accanto erano tutti campi e il giardino poteva essere tranquillamente allargato per accogliere tutti. Ricordo che noi ragazzi scavalcavamo spesso la recinzione qualche volta per rubare della frutta, era anche un gioco per far passare il tempo”.

La grandezza della struttura e la solidità con cui erano stati fatti i lavori, realizzati dallo Stato e dal proprietario, l’Incis stesso, convinsero l’intendenza di finanza all’utilizzo delle cantine del fabbricato come rifugio antiaereo.

Furono fatti tre rifugi antiaerei, uno per ciascun blocco e durante il periodo più intenso della guerra, il passaggio del fronte in particolare, vivemmo tutti nei rifugi. Quello più frequentato è stato il rifugio del palazzo centrale, le persone dimoravano in quasi promiscuità, perché si stava tutti insieme. Anche a mangiare eravamo insieme e ci scambiavamo qualcosa. C’era poco a dir la verità”.

“Io ho ricordi solo fino al giorno di Befana del ’44 perché poi la mia famiglia sfollò – spiega Gian Paolo Licheri, anche lui al tempo residente all’Incis -. Nel mio rifugio sotto questo palazzo, c’erano anche persone di fuori, adesso Giovanni mi ricorda che non c’erano molte abitazioni intorno, però c’erano quelle villette in stile liberty poco lontano da qui. Ricordo che molte persone che vi abitavano venivano a rifugiarsi all’Incis e certe volte venivano all’ultimo momento vestiti alla meno peggio perché dovevano anche correre e attraversare la strada”.

L’edificio fu mai bombardato?

“Per fortuna no – dice l’avvocato Giovanni Lepri -, però fu colpito da due cannonate, due colpi sparati da un cannone piazzato dai tedeschi in Pizzorne che si dice avesse una gittata così ampia da arrivare fino a Livorno. Una cannonata colpì il palazzo centrale, il fabbricato nord e un’altra colpì il fabbricato più piccolo quello anteriore, probabilmente una cannonata di aggiustamento nel tiro. In una stanza del fabbricato nord ero a divertirmi con i figli di altri inquilini, quando iniziò a suonare l’allarme. Un mio amico che era li ci suggerì di scappare perché aveva paura, per fortuna si decise di andarcene perché dopo poco dal rifugio centrale sentimmo due tremendi colpi. Quando andammo a vedere avevano colpito proprio la stanza in cui noi eravamo a giocare”.

“C’è stato anche un terzo evento – racconta Gian Paolo Licheri -, che non ha riguardato direttamente il fabbricato, ma i suoi infissi. Perché fecero saltare il ponte vicino al campo Balilla e lo spostamento d’aria causato dall’esplosione spaccò tutti i vetri e ci sono parti ancora danneggiate che non riescono ad essere aggiustate”.