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Nella città assediata dai russi l’inferno di Ludmilla fuggita a Lucca: “Ho visto lunghe file di auto crivellate e i cadaveri a terra”

8 aprile 2022 | 19:40
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Dopo quaranta giorni a Sumy, a 50 chilometri dalla Russia, è riuscita a mettersi in salvo con la famiglia: ecco il suo racconto choc

I drammatici eventi della guerra in Ucraina toccano tutti profondamente e in tv e su internet, si possono trovare le immagini terribili dei bombardamenti russi, che radono al suolo le città ucraine. Negli ultimi giorni l’attenzione dei mass media mondiali si sono concentrate su una cittadina nella periferia di Kiev, occupata da inizio della guerra dall’esercito russo. Nei primi giorni di Aprile, quando le forze armate di Putin hanno iniziato a ritirarsi, tra le strade di Bucha sono stati rinvenuti i corpi di numerosi civili inermi, giustiziati nei bunker e nelle vie della città.

Molte persone sono riuscite a fuggire da quell’inferno e alcuni di loro sono arrivati da noi, anche a Lucca: di questi eventi c’è chi è stato testimone con i propri occhi e ha potuto vivere sulla propria pelle l’esperienza della guerra. E’ la situazione vissuta da Ludmilla, cittadina Ucraina, ma non una nuova conoscenza per Lucca: lei in Italia ha vissuto per più di 15 anni, lavorando nei ristoranti più rappresentativi della città, come la trattoria da Leo, Giulio in Pelleria e il bar Angeli sulla via per sant’Angelo. Dopo lo scoppio della guerra Ludmilla è rimasta nella propria città, a Sumy, a 50 chilometri dal confine con la Russia, è stata testimone dei bombardamenti dell’esercito russo e ha potuto vedere con i propri occhi le vittime civili colpite nel mentre cercavano di scappare dalla città. Oggi è riuscita a mettere in salvo la propria famiglie e ritornare a Lucca ed è venuta qua a raccontare la sua drammatica esperienza,

“Io sono di origini ucraine – dice Ludmilla -, abito nella città di Sumy, al confine con la Russia, a 50 chilometri dalla frontiera, proprio per questo siamo stati tra i primi a vedere migliaia di carri armati russi circondare la città. L’occupazione è durata quasi un mese, abbiamo assistito a scene di guerra e non potevamo uscire, i negozi non avevano più niente da mangiare e la nostra città è stata bombardata per ben sei volte dall’inizio della guerra. Ricordo di aver visto cadere quattro bombe, lanciate da alcuni aerei, mi sono spaventata moltissimo. Solo dopo qualche giorno ho saputo che una di queste bombe da 500 chili, è caduta su un gruppo di quaranta case distruggendone completamente 5 e causando la morte di 22 persone tra cui 2 bambini”.

La città di Sumy è stata una delle prime ad essere stata assediata all’inizio del conflitto armato, oggi (8 aprile) Dmytro Zhyvytskyi, governatore locale, ha annunciato che le truppe russe hanno lasciato la regione. La situazione nella zona di Sumy sembra piano piano migliorare, ma il pericolo maggiore adesso sono le numerose mine che l’esercito russo ha seminato dietro di se durante la ritirata.

Quali sono gli obiettivi bombardati dagli aerei russi?

Le prime bombe sono state sganciate sull’aeroporto e sulla scuola militare dove studiano ragazzi dai 18 ai 25 anni – prosegue Ludmilla nel suo drammatico racconto -. La scuola è stata completamente distrutta, ma vicino ci sono degli edifici civili e ci sono stati numerosi feriti. Dopo le bombe venivano lanciate su acquedotti e centrali elettriche, a due settimane dall’inizio dei bombardamenti, sono stati aperti dei corridoi umanitari e molte persone hanno tentato di fuggire dalla città con le proprie auto, ma i russi sparavano loro. Conoscevo una famiglia, che aveva un figlio piccolo, la loro macchina è stata rinvenuta crivellata di colpi e i loro corpi erano fuori, gli avevano sparato e erano stati derubati di tutto. Questi corridoi umanitari andavano in direzione dei confini con la Polonia. I miei figli sono partiti per primi, sono arrivati al confine con la Polonia a e sono rimasti li per un mese. Io sono rimasta a Sumy, si sentivano sempre i rumori degli aerei, il fragore delle bombe e le sirene che annunciavano il bombardamento, noi dovevamo rifugiarci nei bunker e li c’erano molte persone che non volevano andarsene, bambini, anziani e disabili, molti di loro non volevano lasciare il proprio paese e i parenti che stavano combattendo, quindi hanno deciso di sfidare le bombe”.

Qual è il comportamento dell’esercito russo nei confronti della popolazione civile Ucraina?

“Accanto a Sumy c’è una città più piccola, Tereshkivka si chiama – dichiara Ludmilla -, i russi prendevano da lì le persone e le portavano in Russia e sparivano persone bambini e famiglie. Ancora si cerca di ritrovarli e alcuni sono stati rintracciati dalle loro famiglie, ma molti mancano sempre all’appello. Da quello che mi è stato riferito, al confine con la Russia è stato fatto una specie di campo di concentramento: a dirmelo sono stati dei miei amici, obbligati a dire che volevano andare in Russia mentre i militari tenevano in braccio la loro figlia. Questo è il modo in cui si comportano. Lo sanno tutti”.

Nel drammatico viaggio che ha visto Ludmilla raggiungere i figli al confine con la Polona, è stata testimone delle conseguenze della guerra e dell’accanimento perpetrato dall’esercito russo, sui civili ucraini.
“Quando siamo usciti dalla città abbiamo visto una colonna di macchine ferme – racconta Ludmilla -, avevano sparato a tutti quanti e i cadaveri si trovavano fuori, vicino alle macchine. I nostri soldati erano li e stavano spostando i corpi e le macchine per non farci vedere tutto l’orrore che stava succedendo. E’ una cosa inspiegabile che non dimenticherò mai”.

Ma purtroppo i racconti delle violenze sui civili non si fermano qui, Ludmilla ha sentito e visto cose ancora peggiori.
Da Trostianets’ – racconta – sono arrivati alcuni ragazze nell’ospedale dove eravamo, hanno detto che sono state violentate dai soldati russi, anche una ragazzina di 15 anni che a seguito di ciò non potrà avere più figli, la stessa sorte è toccata anche ad altre due ragazze di 25 e 26 anni. Anche loro sono state portate in ospedale e le abbiamo conosciute. L’esercito russo, violenta e uccide la popolazione, inoltre saccheggia e rubano nelle case, portano via tutto, anche i microonde e i ferro da stiro, gli orecchini d’oro, gli anelli, fanno cose inimmaginabile, non riesco a spiegarle”.

Perché non siete andati via subito insieme ai propri figli e avete atteso per quaranta giorni prima di fuggire?

“Perché pensavamo che tutto finisse presto e invece non è andata così. Ho deciso di andarmene per raggiungere i miei figli e portarli a Lucca, dove ho degli amici che mi conoscono da tanto e avrebbero potuto aiutarci. Per fortuna, grazie alle persone che lavorano al comune, la luce l’acqua e il gas è mancata solo per pochi giorni, però ogni volta che le sirene suonavano eravamo costretti a nasconderci nei bunker, la sera le luci dovevano essere tenute spente perché gli aerei bombardavano e c’era il coprifuoco. Dopo che è caduta una bomba su una fabbrica chimica dove fanno smalto, non molto lontano da casa mia, mi sono spaventata e ho deciso scappare”.

Il viaggio per raggiungere i figli sul confine con la Polonia dura per ben due giorni: Ludmilla e il marito riescono a fuggire insieme ad altre persone con un pulmino. Non riescono ad orientarsi però sull’itinerario seguito, nelle strade non c’erano più i cartelli sostituiti e spostati dall’esercito ucraino per confondere l’invasore. Ludmilla raggiunge il confine con la Polonia assieme al marito e riesce a ricongiungersi con i suoi figli. Insieme attraversano il confine con la Polonia e trovano un pullman di un’associazione umanitaria che li porta direttamente a Lucca.
In Ucraina però rimangono altri loro partenti.

Là è rimasta mia mamma, mio figlio, il marito della mia figliola e altri parenti, alcuni hanno deciso di combattere e altri non sono voluti andare via perché dicono che non conoscevano nessuno al di fuori di Ucraina – aggiunge Ludmilla -. Io ho chiamato i miei amici in Italia che mi hanno detto di venire, che mi avrebbero trovato un posto, io li voglio ringraziare tanto per quello che stanno facendo”.

Sul confine con la Polonia ci sono sempre ammassate numerose persone che cercano di fuggire dalla guerra, ma la situazione, da quello che racconta Ludmilla, è nettamente migliorata rispetto ai primi giorni di conflitto.

“Siamo riusciti a passare tranquillamente il confine per arrivare in Polonia, da lì in 24 ore siamo arrivati a Lucca”.

Si dice che agli uomini è vietato attraversare il confine con la Polonia eppure tuo marito è qui, per fortuna aggiungerei, come mai non è stato fermato?

Mio marito è Georgiano non è Ucraino ed è stato lasciato passare, ma è vero, il confine non si può attraversare se sei un uomo dai 16 ai 65 anni”.

Adesso che siete qua, come vi siete sistemati?

“Il mio ex datore di lavoro a Sant’Angelo ha preso a casa sua tutta la mia famiglia, ci ha dato da mangiare, ci ha portato tutti a pranzo da Leo e ci hanno dato qualcosa anche da portare via. Ho molti amici qui, sono contenta ma vogliamo ritornare in Ucraina. Ci sarà molto da ricostruire”.

Vi aspettavate che la Russia invadesse l’Ucraina e scoppiasse la guerra?

No non pensavamo che potesse permettersi di fare una cosa del genere, sì, negli ultimi tre anni molte volte l’esercito russo si è avvicinato ai confini con l’Ucraina, lasciava nel armi, non so, ma dopo un po’ se ne andava. Questa volta invece a superato il confine”.

In Donbass però, la guerra è una realtà presente da otto anni.

“Da quello che ho capito loro si provocano nella regione del Donbass, i russi hanno sempre provocato e volevano arrivare sempre più all’interno del paese e il nostro esercito ha cercato di respingerle. Molti hanno deciso di difendere li paese, anche noi qua, combattiamo allo stesso modo raccontando quello sta succedendo. Anche ai nostri amici russi cerchiamo di descrivere quello che stiamo subendo”.

Il popolo Ucraino e quello russo sono legati da stretti legami, anche di parentela.

“Sì è vero, abbiamo parenti a Mosca a San Pietroburgo, abbiamo cercato di informarli di quello che stava accadendo qua, ma niente, loro non ci credono. Dicono che sono tutte fake news, che non è possibile che stia succedendo una cosa del genere. Noi facciamo vedere anche le immagini, mia cugina è venuta a trovarci e quando le ho fatto vedere i posti bombardati, lei non ci ha creduto lo stesso. A loro viene detto che in Ucraina siamo tutti nazisti, ma io non lo sono, le ho spiegato e che qua di nazisti non ce ne sono. Il popolo ucraino sostiene ancora Zelens’kvj, ma questo anche prima della guerra, anche noi lo abbiamo votato. Lui non ha portato benefici solo alle persone che conosce, ai suoi parenti – spiega Ludmilla -, lui ha cominciato a fare qualcosa per il nostro popolo dando sussidi alle persone senza soldi, aumentando le pensioni e creando posti di lavoro, io stessa e le mie figlie abbiamo trovato lavoro in Ucraina e prima era impensabile. Zelens’kvj non ha neanche mai avuto una politica aggressiva nei confronti della Russia, lui ha sempre scelto la strada del dialogo con la Russia, anche per il Donbass”.

Putin ha dichiarato di voler denazificare l’Ucraina ed questo uno dei motivi che l’ha spinto alla guerra.

Non ci sono nazisti e fascisti in Ucraina – dichiara Ludmilla -, forse in tutto il paese ci sarà una piccolissima percentuale, io non li ho mai visto”.

Da noi vengono spesso mostrate le immagini del battaglione Azov che porta sulle loro bandiere simboli nazisti, da loro sembra come se tutta l’Ucraina sia accusata di essere nazista.

Loro sono bravi, tutti i soldati anche quelli di Azov stanno cercando di fare il possibile, aiutano la popolazione civile e con loro dividono anche il magiare, sono diventati degli eroi, simbolo di resistenza del nostro paese”.